RISPETTO… uno sguardo d’amore


Spesso sentiamo e diciamo frasi come: "mi devi rispetto",  oppure "sei un irrispettoso", "nessuno ti ha insegnato il rispetto?" o ancora "rispetta l'ambiente", "rispetta la legge" "se vuoi rispetto, devi   meritartelo".

Di che cosa parliamo, quando parliamo di rispetto? La domanda sorge di fronte all’uso della parola, adottata in contesti tanto diversi da farla sembrare abusata. La confusione del linguaggio non è fine a se stessa: è sempre indice di una confusione più profonda.

“Respect” è stato lo slogan degli Europei di calcio e delle Olimpiadi. In quel contesto significava riconoscere la forza di un avversario. Un’accezione non buonista della parola: mi misuro con l’altro perché ha una forza che mi si oppone e che potrebbe schiacciarmi. Il rispetto qui non nasce dal riconoscere l’altro come uomo, dalla sua dignità, ma dal riconoscimento della forza altrui e dall’esigenza che il confronto delle nostre forze avvenga dentro una cornice di regole e non come dispiegamento di una forza bruta.

Rispetto deriva dal verbo latino respicio, "guardare". In un primo significato, rispettare è sapersi guardare intorno e capire che non siamo soli.  Il valore del rispetto  ci impone di ri-guardare, di fare lo sforzo di accorgerci che attorno a noi c'è qualcosa di meraviglioso: l'altro, il mondo, Dio.

La nozione di rispetto ammette una molteplicità  di piani che, pur restando distinti, si possono ricondurre  a una fondamentale asimmetria: quella di un soggetto agente  che si trova di fronte a un valore  che eccede  la semplice disponibilità del suo arbitrio.  Non possiamo fare ciò che ci pare  con ciò che merita rispetto.
Oggi si parla più di tolleranza che di rispetto, dimenticando che si "tollera" ciò che è di per sé negativo. Il rispetto, invece, segue la verità e quindi il bene: ri-guardando me stesso e ri-guardandomi intorno, riesco a cogliere la verità e il bene che è in me e  fuori da me.

Spesso anche si parla di rispetto in relazione a diversi oggetti, come il rispetto dell’ambiente o quello della legalità.  Il rispetto dell’ambiente è quell’atteggiamento che porta l’uomo a gestire con attenzione i propri comportamenti in rapporto agli ecosistemi , mirando al «soddisfacimento delle esigenze presenti ma senza compromettere la possibilità delle future generazioni di sopperire alle proprie». I temi dell'ambiente si sono sin dall'inizio intrecciati con quello dello sviluppo economico e con la necessità di educare l'umanità a tenori di vita rispettosi degli equilibri naturali. Si capisce allora perché la diffusione di una "cultura ambientale" assuma un ruolo fondamentale nella vita delle comunità civili: perché assicura tangibili benefici in termini di salute, sicurezza e una migliore fruizione del territorio. Il rispetto della legalità, invece, coinvolge la vita pratica in tutta la sua complessità ed è il punto d'incontro tra morale, diritto e politica. Questo tema oggi è così dibattuto per la profonda crisi che ha colpito la nostra convivenza civile e che si manifesta nell'espandersi della corruzione. Certamente il rispetto della legge è favorito dalla consapevolezza di obbedire a norme fondate sull’equità e da una coscienza morale e civile ben formata. Tra gli argomenti fondamentali  che abbiamo imparato a scuola primeggia il "rispetto della legge". Non vi è uno  studente italiano che non abbia letto, commentato e magari tradotto l'Apologia di Socrate, e appreso come Socrate, condannato ingiustamente a morte per un fatto non commesso, pur potendosi sottrarre all'esecuzione della sentenza allontanandosi da Atene, per il sommo rispetto che nutriva per la Legge, scontò serenamente la pena, bevendo la cicuta. «Non voglio fuggire, non bisogna mai commettere un'ingiustizia nemmeno quando la si riceve » fa dire Platone a Socrate.

Questi concetti ne presuppongono altri due: il rispetto dell’altro e il rispetto di sé.

Il rispetto dell’altro nasce a livello razionale dalla consapevolezza dei diritti e dei meriti altrui, dell'importanza e del valore morale e  culturale di ogni essere umano. È  un valore che comporta la capacità di "vedere", cioè di "accorgersi" dell’esistenza dell’altro, di conoscerlo e richiede una forte intenzionalità e, soprattutto,  vivere con coerenza. Mancanza di rispetto significa, quindi, mancanza di riconoscimento: la persona per cui non si nutre rispetto non viene considerata come essere umano in senso pieno e diventa quasi invisibile.

Le qualità che rispettiamo variano da persona a persona ed il modo in cui lo esprimiamo da cultura a cultura. In genere, rispettiamo le persone che hanno più esperienza di noi e che consideriamo ad un livello superiore. Tuttavia c'è un livello base di rispetto che, almeno per la maggior parte della gente, è acquisito di diritto per il fatto di essere persona e non necessita di essere guadagnato. Quando in una società umana il riconoscimento viene accordato solo a pochi e circola solo tra poche persone, si crea una carenza di rispetto, quasi fosse un bene troppo prezioso per essere distribuito a tutti. Ma il rispetto, a differenza di altri beni, non costa nulla. E non solo è gratuito, ma è anche capace di generare valore. Perché, allora, continuiamo ad alimentare questa carestia?

La società occidentale ha elaborato tre modalità che portano le persone a meritare rispetto: la crescita professionale, che sviluppa abilità e competenze (la persona di grande intelligenza che spreca il suo talento non ispira rispetto, a differenza di una meno dotata che sfrutta le proprie capacità); la cura personale (la persona autosufficiente merita rispetto perché non costituisce un onere per gli altri); il dare agli altri.  A differenza dello sviluppo professionale e dell’autosufficienza, che possono rimanere ad un livello autoreferenziale, il dare agli altri crea reciprocità, sviluppa una relazione. Possiamo dare agli altri una quantità illimitata di “oggetti immateriali”: fornire informazioni, esaudire le richieste di aiuto, interpretare i loro bisogni, ascoltarli, far raggiungere obiettivi, impegnarci nel lavoro di gruppo, negoziare all’interno di situazioni controverse, ecc. E lo scambio asimmetrico (a differenza di quello economico, simmetrico,  che è una transazione breve che nasce e muore nell’atto della permuta) crea relazioni e legami durevoli.

Il rispetto di sé: già, perché  il rispetto che dobbiamo agli altri, dobbiamo nutrirlo anche per noi stessi.  A volte facciamo a noi stessi  cose che non sogneremmo mai di fare a qualcuno a cui teniamo, come giudicarci brutti, incapaci, scoraggiarci o sabotare la nostra felicità. Non facciamoci del male.  Non insultiamoci, rubando a noi stessi il rispetto che meritiamo come chiunque altro.  Cerchiamo di essere onesti con noi stessi, con serenità e un pizzico di umorismo. Quanto più ci conosceremo, tanto più apprezzeremo la nostra unicità e aumenterà il rispetto che ci dobbiamo. Non è una questione di forma, è un atteggiamento della mente e del cuore.  Sei d’accordo?

Laura

 

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