"Je suis Charlie"... Riflessioni su libertà, responsabilità e ruolo dell'informazione

RispettoE' trascorso ormai quasi un mese dagli attentati, a Parigi, alla sede del settimanale satirico “Charlie Hebdo”, che ha provocato 12 vittime e 11 feriti, e al supermercato “kosher”, dove l’attentatore ha ucciso 4 persone.

Come sempre accade in questi casi, l’attenzione mediatica si è già molto attenuata; ma i sentimenti, gli interrogativi, i dibattiti suscitati da quei tragici eventi sono ancora tutti aperti: primo fra tutti quello sulla libertà di espressione – da un lato – e sul rispetto per le altrui convinzioni, religiose e non solo – dall’altro. Il papa, con le parole pronunciate nel corso del suo viaggio in Asia, ha fornito un contributo importante ed autorevole… sembrava giusto anche a noi, da queste colonne, spendere qualche riga per una breve riflessione.

Non varrebbe neppure la pena di ribadire ancora una volta, con tutta la forza possibile, il rigetto assoluto per ogni forma di violenza, soprattutto se perpetrata in nome di Dio: nulla e nessuno potrà mai giustificare un omicidio, addirittura una strage, compiuto per “riparare” una ipotetica offesa, fosse pure al proprio Dio o ad una figura di importanza capitale (come il profeta Maometto per l’Islam). Ma c’è di più: si deve riconoscere, quale tributo alla verità storica, che la libertà quale oggi la intendiamo (che comprende, appunto, la libertà di espressione sotto qualsiasi forma, come corollario della libertà di pensiero e di parola), è senza dubbio “figlia” dell’Illuminismo e delle grandi rivoluzioni del Sette-Ottocento. E anche se – allora – quella corrente filosofica nacque in contrapposizione al pensiero cattolico e alla fede – vista come ostacolo al progresso culturale e scientifico – non si può non affermare oggi che il nostro modo di intendere la libertà, la democrazia, il rapporto pacifico tra popoli e “credo” religiosi; lo sviluppo stesso, in definitiva, di quel pensiero “cattolico democratico” che ha cominciato ad affermarsi nell’Ottocento, non sarebbe stato possibile senza il contributo dei vari Rousseau, Voltaire, Diderot… a conferma – se ce ne fosse bisogno; ma la stessa Scrittura è piena di esempi in tal senso – che davvero Dio si serve di chiunque, anche dei “pagani”, per condurre la storia verso la pienezza!

Non ha nulla a che vedere, quindi, con una ipotetica e impossibile - proprio in un'ottica evangelica - "giustificazione" degli attentatori, il richiamo fatto da molte personalità, non solo di area cattolica, ad un necessario "senso di responsabilità" che dovrebbe condurre al rispetto delle convinzioni altrui, soprattutto delle fedi religiose che per milioni di persone costituiscono la prima ragione di vita, sulle cui basi  costruiscono il loro rapporto con i propri simili, oltre che con il proprio Dio. Chi ha avuto la possibilità di vedere alcune delle "vignette satiriche" pubblicate dai disegnatori di "Charlie Hebdo" non avrà mancato di constatare come non solo quelle riguardanti Maometto, ma anche alcune di quelle "dedicate" alla fede cristiana (sulla Trinità, su Maria, sul Papa, ecc.) vadano oggettivamente molto al di là del contributo alla "autoironia" e a "strappare un sorriso", scivolando anzi nella vera e propria volgarità.

La domanda allora è: in una società - quella cosiddetta "occidentale" - che sempre più è portata a declinare "diritti" di vario tipo difendendone - spesso, peraltro, a ragione - l'assolutezza e l'intangibilità, davvero il "diritto di satira" può essere considerato un diritto "assoluto", tanto da prevalere sul necessario rispetto del proprio simile credente (almeno finché il suo credo non sia espresso in modo tale da costituire, appunto, una limitazione alla libertà di chi non crede), e sul necessario senso di responsabilità, che sarebbe auspicabile fosse esercitato, in un mondo così articolato, complesso, "plurale"? Se davvero la libertà di espressione non deve conoscere alcun limite, come giustificare - ovviamente facciamo esempi-limite assolutamente provocatori, perché nei casi qui elencati le limitazioni alla libertà ci sembrano del tutto giustificate - l'arresto, nei giorni successivi agli attentati di Parigi, del comico francese Dieudonné, per la "satira antisemita" inserita nei suoi "spettacoli"? O le norme che in vari paesi del mondo limitano e puniscono le teorie "negazioniste" nei confronti dell'Olocausto? O le campagne volte ad arginare e combattere l'omofobia, perfino nelle sue espressioni non direttamente "violente"? L'unica risposta possibile ci sembra l'ammissione che ci siano diritti e diritti, e che spetti ad ogni comunità - nazionale, etnica, religiosa - sancire con le proprie norme - stabilite, certo, auspicabilmente, nel modo più "democratico" ed "etico" possibile - quali siano quelli meritevoli di tutela e quali no; o - addirittura - quali non siano proprio da considerare quali "diritti". Il tema è lungo, difficile, affascinante... meritevole senz'altro, comunque, di ulteriori approfondimenti.

In ogni caso - ribadiamo - chi si richiama al Vangelo di Gesù non può che rigettare ogni tipo di violenza, e rispondere - se del caso - alla satira di cui dovesse sentirsi vittima, con il silenzio o con la parola: come Gesù di fronte ai suoi persecutori... ed è evidente, da questo punto di vista, il senso metaforico e provocatorio del famoso "pugno" minacciato dal papa - con il suo linguaggio come di consueto libero, franco e semplice, ma non "banale" - nei confronti di chi dovesse offendere sua "madre" (in questo caso, la fede sincera e profonda nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo)!

Ma c'è un altro aspetto che gli attentati di Parigi (e gli eventi che sono succeduti nel mondo proprio in quei giorni) hanno posto all'attenzione del mondo e che ci sembra meritevole di riflessione: il ruolo dei mezzi di informazione, e in particolare la loro tendenza ad assolutizzare l'importanza di ciò che accade e che tocca il mondo "occidentale", a scapito di ciò che avviene nel resto del mondo (il cosiddetto "sud"). Proprio nei giorni in cui giornali, TV e reti internet di tutta Europa parlavano quasi esclusivamente di ciò che accadeva in Francia, continuavano nella pressoché totale indifferenza la guerra in Siria, gli scontri israelo-palestinesi in Terra Santa, e soprattutto in Nigeria l'organizzazione terrorista/fondamentalista denominata "Boko Haram" radeva al suolo interi villaggi abitati da cristiani, massacrando senza pietà uomini, donne e bambini. In un articolo del 12 gennaio sul sito "The Post Internazionale" (www.thepostinternazionale.it) si riferiva come testimoni raccontassero di un numero incalcolabile di vittime, di "aver percorso chilometri circondati solo da cadaveri"... immagini di una drammaticità sconvolgente, evocative quanto quelle di alcuni tra i più "crudi" e realistici profeti biblici (cfr. ad esempio Naum 3, 2-3). Sempre secondo "The Post Internazionale", lo stesso arcivescovo della diocesi di Jos, in Nigeria (quella più colpita dai massacri) ha accusato l'occidente di aver ignorato le stragi perpetrate da Boko Haram nella città di Baga e nel nord-est del paese, utilizzando - ricordiamo - perfino alcune ragazze come "bombe umane", con l'esplosivo nascosto sotto il velo, fatte saltare in aria nei mercati e in altri luoghi pubblici.

Del resto, di questa tendenza dei mezzi di informazione (e delle classi dirigenti) occidentali, a dimenticare i fatti drammatici che quotidianamente avvengono nel "sud del mondo" (o a ricordarsene solo quando quei fatti rischiano di toccare in qualche modo anche il "nord"), si era avuta prova anche qualche settimana prima, quando per giorni e giorni non si è parlato di altro che del "flagello Ebola" - che aveva già fatto migliaia e migliaia di vittime in Sierra Leone, in Guinea e nei paesi limitrofi - solo quando, di fatto, il virus ha lambito anche l'occidente, colpendo alcune persone di questa parte del mondo... tornando poi a dimenticarsene, una volta superato il momento più drammatico (dal nostro punto di vista)...

Ecco, anche questo evidente "strabismo" della politica e dell'informazione nella parte più ricca del mondo, ci sembra un segno e un riflesso di una perdurante ingiustizia, di una perdurante sperequazione di ricchezze e di risorse, non solo economiche. Anche la nostra Istituzione, nell'anno che l'Assemblea Generale del 2012 ha deciso di riservare ad una particolare riflessione sullo studio - inteso come mezzo privilegiato, secondo le indicazioni del Fondatore, per conoscere a fondo la realtà per modificarla nelle sue strutture di ingiustizia e di peccato - dovrà certamente riservare spazi e mezzi ad una attenta analisi di questa realtà, per capirla prima e per intervenire - laddove possibile, con i pochi e poveri mezzi a disposizione - poi.

E' stata sacrosanta e bellissima, la manifestazione che a Parigi ha visto riuniti 2 o 3 milioni di persone, con i capi di Stato di (quasi) tutti i paesi, finalmente e una volta tanto uniti, per rivendicare la libertà contro ogni forma di violenza, di fondamentalismo, di terrorismo. Ma solo quando le piazze delle capitali occidentali si riempiranno di milioni di persone, anche per manifestare indignazione per i massacri nigeriani, per i corpi straziati di due o tre anonime bambine usate come bombe, potremo dire di aver fatto passi importanti verso la costruzione di un mondo più giusto e solidale.


I.T.