Silenzio e preghiera: la solidarietà dell'I.T. per le vittime del terrorismo, in ogni parte del mondo

 

Avevamo preparato, alla vigilia di Pasqua, un breve articolo/messaggio per esprimere la nostra solidarietà alle vittime degli attentati di Bruxelles, la nostra condanna per l'ennesimo gesto brutale di chi pensa di poter uccidere altri esseri umani in nome di Dio... per unirci a papa Francesco nella condanna per "la violenza cieca, che ha provocato tanta sofferenza"...

Ricordavamo, in quel messaggio, anche le vittime degli altri sanguinosi attentati che si erano consumati nei giorni precedenti (in Turchia, ad esempio) e degli innumerevoli episodi di violenza e di sopraffazione, delle tante ingiustizie, delle tante guerre più o meno dimenticate che affliggono tante parti del mondo... perché, come è stato scritto, i morti meritano la stessa compassione, indipendentemente da quale sia la parte di mondo in cui toccava loro vivere, quando la vita è stata loro tolta...

 Non abbiamo fatto in tempo a pubblicare quel messaggio prima di Pasqua, e la realtà si è purtroppo incaricata di superarlo: a Lahore, in Pakistan, più di 70 persone - per la maggior parte donne e bambini di religione cristiana, che stavano festeggiando la giornata in cui si celebra la Resurrezione del Signore - sono morte per mano dell'ennesimo gesto folle e insensato perpetrato dal terrorismo fondamentalista... solo per essere fedeli di quell'Uomo crocifisso, morto e risorto per tutti gli uomini...

Nella sua struggente preghiera alla Croce di Cristo, proposta al termine della Via Crucis del Venerdì Santo a Roma (il cui testo integrale è facilmente rinvenibile sul sito del Vaticano), il papa aveva detto tra l'altro:

"O Croce di Cristo, simbolo dell’amore divino e dell’ingiustizia umana, icona del sacrificio supremo per amore e dell’egoismo estremo per stoltezza, strumento di morte e via di risurrezione, segno dell’obbedienza ed emblema del tradimento, patibolo della persecuzione e vessillo della vittoria.

O Croce di Cristo, ancora oggi ti vediamo eretta nelle nostre sorelle e nei nostri fratelli uccisi, bruciati vivi, sgozzati e decapitati con le spade barbariche e con il silenzio vigliacco.

O Croce di Cristo, ancora oggi ti vediamo nei volti dei bambini, delle donne e delle persone, sfiniti e impauriti che fuggono dalle guerre e dalle violenze e spesso non trovano che la morte e tanti Pilati con le mani lavate. [...]

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei fondamentalismi e nel terrorismo dei seguaci di qualche religione che profanano il nome di Dio e lo utilizzano per giustificare le loro inaudite violenze. [...]

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei potenti e nei venditori di armi che alimentano la fornace delle guerre con il sangue innocente dei fratelli e danno ai loro figli da mangiare il pane insanguinato. [...]

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nel nostro Mediterraneo e nel mar Egeo divenuti un insaziabile cimitero, immagine della nostra coscienza insensibile e narcotizzata. [...]

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei perseguitati per la loro fede che nella sofferenza continuano a dare testimonianza autentica a Gesù e al Vangelo. [...]"

E nel messaggio di Pasqua, commentando il Vangelo della Messa del giorno, che narra dell'esperienza di Maria di Magdala che trova vuoto il sepolcro di Gesù, e corre ad annunciarlo agli apostoli, Francesco ha affermato:

"Maria di Magdala, come gli altri discepoli, ha dovuto vedere Gesù rifiutato dai capi del popolo, catturato, flagellato, condannato a morte e crocifisso. Dev’essere stato insopportabile vedere la Bontà in persona sottoposta alla cattiveria umana, la Verità derisa dalla menzogna, la Misericordia ingiuriata dalla vendetta. Con la morte di Gesù, sembrava fallire la speranza di quanti confidavano in Lui. [...]

La speranza, in questo mondo, non può non fare i conti con la durezza del male. Non è soltanto il muro della morte a ostacolarla, ma più ancora sono le punte acuminate dell’invidia e dell’orgoglio, della menzogna e della violenza. Gesù è passato attraverso questo intreccio mortale, per aprirci il passaggio verso il Regno della vita."

 Dal canto suo, la Direttrice Generale dell'Istituzione Teresiana, Maite Uribe, aveva affermato, in un messaggio del Giovedì Santo, che "Gesù, con la sua vita e con la sua morte, ci invita a creare relazioni nuove, basate sull'amore e sul servizio: chi vuole essere il primo si faccia ultimo e servo di tutti; chi vuole essere grande, sia servo degli altri (Mc 9, 35). Questo farci carico per amore pone al centro il fratello; il servizio guarda sempre il volto del fratello, tocca la sua carne, avverte la sua prossimità [...]. Solo la globalizzazione dell'amore, il perdono e il servizio, secondo lo stile di Gesù, possono rinnovare le nostre relazioni e il nostro vivere in società". 

 I corpi martoriati dei bambini, delle donne e degli uomini morti a Lahore - e anche le vittime delle guerre e delle violenze che continuano in Siria, in Iraq, in Libia, nel Mediterraneo, in tanti paesi del mondo di cui i TG e tutti i media troppo spesso si dimenticano - rendono se possibile ancora più vere ed urgenti queste affermazioni: l'Istituzione Teresiana non può che esprimere la più profonda solidarietà alle vittime, ed invitare al silenzio ed alla preghiera, per chiedere il superamento di ogni tipo di fondamentalismo e la capacità, da parte di tutti gli uomini e le donne di buona volontà, di costruire cammini di convivenza e di pace.

A questa costruzione l'I.T. - e ciascuno dei suoi membri sparsi in 4 continenti - continuerà a dare il proprio contributo, attraverso l'impegno professionale, la promozione della cultura in ogni sua forma e il rispetto per l'umanità di ogni persona e per tutto il creato.

In questo tempo di Pasqua, vogliamo e dobbiamo ancora credere in un mondo illuminato dalla luce della Resurrezione.

 

I.T.