GMG a Cracovia: la testimonianza di due giovani del MIT volontari a "Casa Italia"

 

Esperienza di felicità


Gabriele JoriSono passati pochi giorni dal rientro a casa dalla GMG di Cracovia e le emozioni forti provate in queste settimane non sono ancora facili da decifrare. Era l’ottobre scorso quando mi è stata fatta la proposta di partecipare alla GMG in un modo diverso dal solito, cioè di essere animatore di Casa Italia. Ma che significa? Un animatore è colui che è chiamato a dare anima ad un semplice edificio, per farlo diventare una casa vera e propria. Il mio compito, il nostro compito, era quello di accogliere i ragazzi che venivano per trovare ristoro, scambiare due parole, cercare di capire i loro bisogni, proprio come in una famiglia. Ma Casa Italia è stata soprattutto un posto di incontro, di relazioni arricchenti e sorrisi spontanei. Sì, perché questo è quello che è successo fin dai primi giorni, quando Cracovia era ancora in trepidante attesa e noi animatori eravamo lì per preparare tutto il necessario. Un gruppetto di diciotto ragazzi chiamati da tutta Italia, tra loro sconosciuti fino a quel momento, ma tra cui è nata fin da subito una sintonia fuori dal comune. Il lungo viaggio sui pulmini, il lavoro fatto insieme, le forti esperienze delle visite ai campi di concentramento di Auschwitz e Birkenau, la forte condivisione della fede, tutto questo non ha fatto altro che rendere sempre più unito e sempre più forte questo gruppo, fino a creare, col passare dei giorni, legami molto profondi e che probabilmente continueranno. Più volte mi sono chiesto come sia possibile creare relazioni così forti in così poco tempo: credo che la risposta sia il condividere qualcosa di molto più grande, che ha fatto sì che noi fossimo tutti lì con lo stesso obiettivo: mettersi al servizio.

Messa di inaugurazione per il gruppo ItaliaLa GMG vissuta da animatore è stata anche una bella esperienza di Chiesa. Andare a prendere i vescovi all’aeroporto, pranzare con loro, raccontarsi le proprie esperienze, mi ha mostrato il volto familiare della Chiesa. Ragazzi, spesso anche molto giovani, sacerdoti, vescovi, tutti insieme per lo stesso motivo, tutti pronti a farsi prossimi, questa sì che è famiglia! Un episodio che mi riporto a casa e che mi ha colpito in modo particolare è la passeggiata in bicicletta per le strade di Cracovia proprio quando era appena finita le Via Crucis a Blonia. Improvvisamente mi sono ritrovato in mezzo ad un numero sconfinato di giovani che lasciavano la spianata, ma in particolare mi hanno colpito due gruppi, uno di spagnoli e uno di italiani, che cantavano tutti insieme alternando canzoni spagnole a canzoni italiane. È un’immagine molto semplice che però credo sia esemplificativa del mio modo di vedere la GMG: io credo che durante queste giornate i giovani siano capaci di dare un grande lezione al mondo, una lezione di pace, rispetto, fratellanza. Cioè i giovani dimostrano al mondo intero che vivere tutti insieme in pace è possibile, anche portando con orgoglio la propria bandiera. Vista dall’alto, la spianata del Campus Misericordiae era un’emozione unica: giovani uno accanto all’altro a perdita d’occhio, capaci di prendersi per mano per costruire un unico ponte. In fondo non è così difficile! Il senso di tutto quello che ho fatto è stato proprio Papa Francesco a spiegarmelo, nel suo discorso durante la veglia del sabato sera al Campus Misericordiae. Troppo spesso, infatti, rischiamo di confondere la felicità con la comodità, facendo del “divano” il nostro rifugio. In questi giorni abbiamo lavorato tanto, faticato tanto e dormito poco, di divano poi non ce n’era neanche uno. Ecco allora che le parole del papa mi hanno aperto gli occhi sulla mia esperienza e ho capito che prima ancora che di servizio o di vita, quella che stavo facendo era un’esperienza di felicità.

Gabriele Jori *


* Romano, 23 anni, laureato in scienze politiche. In parrocchia (S. Ugo Vescovo) presta servizio come educatore di Azione Cattolica con i giovanissimi. Quella di Cracovia è stata la sua prima GMG vissuta da animatore di Casa Italia, mentre aveva già partecipato a quella di Madrid nel 2011 da pellegrino.

 

Ponti e strette di mano


Maria Teresa AbbagnaleFare sintesi dei giorni appena trascorsi da “animatrice” di Casa Italia di questa GMG non è facile: nella mia mente scorrono veloci tantissimi momenti che mi vien difficile ordinare. Alcuni di questi però li ho ben fissati sin da subito. Una prima immagine che riaffiora dai miei pensieri è quella che abbiamo avuto modo di vedere a Bergamo, punto di appuntamento e di partenza per questo viaggio il 14 luglio: l’immagine, impressa in un fregio del colonnato del Palazzo della Ragione, raffigurava tanti omini che si tenevano per mano. Ed è proprio il tenersi per mano, lo stringersi gli uni agli altri, l’esserci per l’altro è una cosa che ha caratterizzato tutta la mia GMG è che è ritornata spesso tra noi animatori, trovando nuova linfa nelle parole che papa Francesco ha pronunciato durante la veglia nel Campus Misericordiae il 30 luglio davanti a quasi due milioni di giovani al termine di questa incredibile avventura. Tentando di ripercorrere velocemente dall’inizio i momenti salienti di questa esperienza, mi torna alla mente il momento in cui abbiamo messo piede a Casa Italia a Cracovia il 15 luglio: un enorme cartellone all’ingresso era lì a ricordarmi e a ricordarci che avevamo appena varcato la porta di quella che sarebbe stata la nostra casa, la casa di tutti i pellegrini italiani, da quel momento in poi. Subito ai miei occhi è rimbalzata la parola “inaspettatamente”: i ragazzi che si sono occupati dell’allestimento di Casa Italia hanno puntato molto su questo termine. “Inaspettatamente” Casa Italia è stato ed è l’incontro con l’altro che non ti aspetti, che va oltre la facciata o la prima impressione. Ed è proprio così: questa GMG è stata inaspettata per me sotto molti punti di vista. Non rientrava nei miei “piani”, fino a quando non mi è giunta la proposta di essere “animatrice” per questo importante evento. Non mi sarei mai aspettata di viverla in questo modo, dal dietro le quinte, al servizio per gli altri. Ed è stato inaspettato l’incontro con gli altri che ha arricchito con una forza nuova la mia vita.

CracoviaDurante i primi giorni a Cracovia è stato dato spazio alla scoperta delle bellezze della Polonia e all’incontro e alla conoscenza tra noi animatori: per quanto ci siamo affiatati sin da subito gli uni con gli altri, sembrava quasi ci conoscessimo da una vita. Uno dei primi momenti che più mi hanno segnata è stata la visita dei campi di concentramento di Auschwitz e Birkenau il 17 luglio: l’allegra combriccola cantante sul pullman, appena varcata la soglia del “campo”, si è trincerata dietro ad un silenzio quasi assordante. Avevamo i volti segnati, occhi grandi, ben aperti e lucidi per guardare ogni singolo elemento, spazio, dettaglio che potesse in qualche modo farci comprendere razionalmente il perché di tutto quello che era accaduto in quei posti. Ricordo di aver fissato l’attenzione sui passi che facevo per salire i gradini che mi portavano da un piano all’altro: gli scalini erano impolverati, sporchi, freddi. Quei passi mi pesavano, tanto. La mia mente ha iniziato a viaggiare e a immaginarsi i passi di tutte le persone che in quel campo non hanno trovato via di uscita. C’erano i miei e quelli dei miei compagni di viaggio, in un silenzio attonito. Credo che questo sia stato uno dei momenti più forti della nostra avventura insieme che ci ha permesso di stringerci l’uno all’altro nel dolore e nel silenzio, per condividere quest’enorme peso tutti assieme. Dopo questi primi giorni alla scoperta della Polonia, dal lunedì seguente siamo stati catapultati nel lavoro intenso e serrato della preparazione di Casa Italia: buona parte del lavoro era stato già fatto dai nostri amici dell’Accademia della Grafica del centro di formazione professionale AFP Patronato San Vincenzo di Bergamo che si sono occupati dell’allestimento, ma era necessario che Casa Italia divenisse veramente una “casa” dove chiunque mettesse piede, potesse sentirsi veramente a casa sua. Anche questa fase è stata un importante momento di condivisione e collaborazione intensa e proficua perché ognuno di noi, senza che ci si dicesse quasi nulla, sapeva bene quello che avrebbe dovuto fare. Dare realtà concreta alle idee di Don Michele e di Don Gero ci è venuto quasi naturale e così, in qualche ora, Casa Italia era pronta: pallet con cuscini a mo’ di sedute sparse per tutto il parco antistante la casa, wi-fi libero e l’immancabile caffè italiano, un giardino ben curato, le sagome per fare le foto tutti insieme... Pochi ingredienti che, combinati con la nostra voglia di incontrare l’altro, hanno reso Casa Italia una vera casa: e lo abbiamo percepito sin dal momento della inaugurazione della casa domenica 24 luglio, e anche quando a varcare la porta erano gruppi che tornavano per la seconda o terza volta. “A Casa Italia si sta bene”, ho sentito dire, “c’è il caffè, ci si può rilassare e riposare dalle fatiche del pellegrinaggio”. Musica, balli, canti anche sotto la pioggia hanno reso questo posto un posto accogliente dove fermarsi anche solo dieci minuti per poi ripartire.

Campus Misericordiae Un altro momento toccante è stato quello della veglia al Campus Misericordiae con papa Francesco il 30 luglio: noi animatori abbiamo avuto la fortuna di poter partecipare “da pellegrini”, e le sue parole si sono impresse nella mia mente non appena pronunciate: “Abbiate il coraggio di insegnarci che è più facile costruire ponti che innalzare muri”, e che è necessario e vitale costruire “un ponte che possiamo realizzare qui e ora: stringerci la mano, darci la mano. Forza, fatelo adesso, fate questo ponte umano, datevi la mano, tutti voi: è il ponte primordiale, è il ponte umano, è il primo, è il modello”. In queste parole ho trovato il compimento di quanto avevamo realizzato noi animatori in questi 20 giorni insieme. È partito tutto da un’immaginetta con tanti omini che si tenevano per mano e abbiamo provato a fare proprio questo, a tenerci per mano... il condividere un po’ di vita insieme, l’incontrarsi, il conoscersi ci ha permesso di essere un pezzettino di quel Regno dei Cieli che è possibile costruire sulla terra attraverso quei “ponti” che papa Francesco ci ha ricordato essere fondamentali per le nostre vite. La vita di noi giovani spesso si accompagna al vuoto, alla paura e all’incertezza del proprio futuro. Ma se questi sentimenti si accompagnano alla grande consapevolezza di non essere soli, consapevolezza che proprio la GMG mi lascia come un dono, quello che ne scaturisce è una forza nuova che è frutto delle relazioni sane, dei ponti solidi che sono stati costruiti e che devono continuare ad essere costruiti. Dopo un’avventura di questo tipo il ritorno non è stato facile, si ha quasi il desiderio di riavvolgere il nastro per rivivere tutto dall’inizio. Ma è proprio da qui che credo sia necessario ripartire con un nuovo slancio. Ripartire da casa propria con tutto quello che di buono mi ha dato questa GMG e che porterò sempre con me: gli incontri, le strette di mano, i sorrisi, gli abbracci, i nuovi ponti.

Maria Teresa Abbagnale *


* Romana, 25 anni, da poco laureata in giurisprudenza. Alla seconda Giornata Mondiale della Gioventù, dopo quella di Madrid. In parrocchia svolge il servizio di catechista dei gruppi cresima e post-cresima.

Preparazione alla Veglia