Victoria Díez. Ricordo di una maestra
Carmen Fernández Aguinaco. Narcea Edizioni
Tutti gli intenti di liberare Victoria da parte della mamma risultarono vani.
Verso le due del mattino, il 12 agosto, i prigionieri, con circa quaranta miliziani, furono ammanettati a due a due e condotti verso l'uscita del paese. Secondo il racconto dei testimoni, uscirono dalla porta posteriore della casa di don Paco, attraverso una viuzza dove era stata sparsa della sabbia per evitare lo scalpiccio dei passi nelle vie lastricate di Hornachuelos.
I racconti sul tragitto nel mezzo della notte dalla casa di don Paco, nel centro di Hornachuelos, fino alla miniera del Rincón, che distava circa dodici chilometri, attraverso un sentiero di montagna, coincidono in molti particolari. Gli unici testimoni oculari furono, evidentemente, gli stessi miliziani e il loro racconto fu ricostruito attraverso frammenti di conversazioni ascoltate sia da Angelita Cárdenas, del "Chiosco di Angelita" che stava all'uscita di Hornachuelos, sia da Maria Jesús Cárdenas Montilla, che abitava vicino all'officina del fabbro e ascoltò i miliziani che ritornavano dalla miniera.
Naturalmente quegli uomini non dovevano avere grande interesse nel far apparire Victoria come un'eroina, tuttavia, nei loro discorsi, predominava il ricordo delle parole e dei gesti dell'unica donna del gruppo.
Commentavano come, lungo il percorso verso la miniera, infondeva coraggio ai suoi compagni e diceva loro:
"Coraggio, sbrigatevi, ci aspetta il premio, vedo il cielo aperto"
parole enigmatiche per i miliziani, che evocavano quelle pronunciate dal primo martire della Chiesa, santo Stefano; commentavano come ella sembrasse non abbattersi di fronte a nulla, e come fosse perfino contenta. Sembra che uno dei prigionieri sia morto lungo la strada.
Raccontavano che, uscendo dal paese, i prigionieri si erano disposti vicino al muro del cimitero, pronti ad essere fucilati lì. Ma il luogo era troppo vicino al paese e si sarebbero sentiti gli spari nel silenzio della notte; così i miliziani ordinarono loro di andare verso la fattoria e la miniera del Rincón.
La salita era difficoltosa per il sentiero pieno di sassi. Alcuni uomini del drappello dissero che Victoria perse un tacco e dovette fare una parte della strada scalza.
Incominciava ad albeggiare quando finalmente arrivarono alla vecchia miniera del Rincón. Lì, in una casupola, venne effettuato il processo che confermava semplicemente quello che tutti, prigionieri ed accusatori, sapevano già, ossia che l'unica sentenza possibile era la morte.
La fossa della miniera ha un'imboccatura rettangolare ed è abbastanza profonda. Ogni prigioniero si metteva davanti alla fossa e, dopo che gli avevano sparato, cadeva sopra il prigioniero precedente, e via di seguito.
Victoria fu l'ultima.
Il momento finale è molto drammatico; è intriso di attesa e perfino di speranza di poter salvare l'unica donna del gruppo. Sarebbe stato così facile... pensavano. Bastava un grido di adesione alla causa e avrebbe potuto salvarsi. Bastava mettere da parte l'ostinazione di confessare la sua fede e sarebbe ritornata a casa sua, da sua madre, alla sua scuola. Ma "la maestrina era molto ostinata", commentavano gli uomini, sconcertati dalla sua fermezza.
Non era l'ostinazione a mantenere salda la volontà di Victoria. Non era la fermezza a farle confessare l'impossibilità di tradire il suo credo più profondo. Era la forza misteriosa che sostiene la debolezza. Era la forza che ella tanto aveva ammirato nei martiri e che ora riconosceva nel proprio cuore.
Ci fu un momento in cui pensarono che forse, finalmente, stesse per cedere. Alzò le braccia. Sbalorditi, la sentirono gridare, non il grido che si auguravano, ma quello che scaturiva dalla sua fede: "Viva Cristo Re e viva mia Madre". E mostrava, chiusa nella mano, la statuina della Madonna, molto consumata, che l'aveva accompagnata fin lì. Un secondo dopo, due spari, alla testa e allo stomaco, trasformarono finalmente tutto in un rosso di fuoco, sangue e luce.
Albeggiava sullo scenario formato dalle colline che facevano corona al luogo in cui si trova la miniera del Rincón. "Vedo il cielo aperto", aveva detto Victoria lungo la strada, come un presagio.
Ora, sulla tomba che conserva il suo corpo nella catacomba di Cordova, solamente un nome, che è un trionfo: VICTORIA