Fede e scienza (1919)

Quindi, voi, mettete ogni impegno per aggiungere alla vostra fede la virtù, alla virtù la scienza, alla scienza la temperanza, alla temperanza la pazienza, alla pazienza la pietà (2 Pt 1,5-6).

Prima la fede, senza la quale non vi è salvezza possibile; poi, o meglio detto, con la fede, la virtù; perché se questa è viva, opera, e le sue opere sono virtù.

Si deve aggiungere anche la scienza, perché la missione la esige: non potrai insegnare se non la possiedi.

Questo "voi" con cui san Pietro inizia il versetto 5 sembra specialmente rivolto a coloro che professano l'insegnamento; e la frase «mettete ogni impegno» denota la diligenza con la quale essi devono acquisire la fede, la virtù e la scienza.

Dovete acquisire lo spirito di fede che conferisce serenità alle azioni, serietà alla vita, esemplarità alle abitudini, un salutare timore allo spirito, saggezza e misura alle conversazioni, rettitudine e chiarezza ai pensieri, applicandovi a tutto con molta attenzione è con la maggior diligenza possibile. È proprio in ciò vi dovete distinguere: la maggior parte delle persone non pone un reale impegno nell'acquisire lo spirito di fede, voi, invece, dovete confessare la stessa fede di tutti coloro che si dicono cristiani, ma in maniera ben diversa. Così la fede dà frutto e produce virtù. Noi crediamo le stesse verità che credevano gli apostoli, i martiri e i primi cristiani; professiamo lo stesso credo, ma, purtroppo, la nostra fede non ha meritato ancora il premio di quella di coloro che Gesù sanò e dei quali lodò pubblicamente la fede come causa dei suoi miracoli.

Aggiungendo alla vostra fede, virtù. Così deve essere se la fede è vera, perché il segreto della santità dei primi cristiani non sta nella differenza di epoca, nella diversità di clima, nella differenza di persecuzioni o nella miglior natura, ma nella fede viva che generava la carità e dava i suoi frutti naturali, le virtù. Virtù eccelse in mezzo ai costumi pagani, mantenute salde con l'eroismo che si spiega soltanto con la fede.

E alla virtù, scienza. Dovrebbe essere tale da non essere superati da nessuno nel sapere o nell'arte di rendere piacevole lo studio e di inculcare amore per la scienza, il cui autore è Dio, sapienza infinita, al quale tanto più assomigliamo quanto più verità conosciamo.

Quale maggior esercizio di virtù della perseverante e metodica fatica che vi è affidata? Come potrete dar più gloria a Dio e alla vostra Istituzione? Come potrete trovare un modo migliore di santificare i giovani? E per il futuro! Se formate, grazie alla vostra scienza rigorosa ma accessibile, generazioni di maestri che, imitando il vostro esempio, dimostreranno amore allo studio e all'insegnamento, non sarà fruttuoso il vostro apostolato?

Comprendete l'importanza che ha il constatare che gli insegnanti più attivi, competenti e preparati sono quelli più virtuosi e che hanno la fede più viva? Avete un'idea del danno che produce il constatare che i più ignoranti, quelli che tralasciano le lezioni, che studiano meno, che non vivono il loro lavoro come una vocazione, sono quelli che si ritengono i più devoti, che passano per tali e che si risentono se non vengono ritenuti tali? La mia affermazione sarà dura, ma non esito a farla. Se non edificate per la vostra scienza, il vostro studio e il vostro sapere, si dovrà dubitare della vostra virtù, temere per la vostra fede e negare il vostro spirito teresiano.

E alla scienza, temperanza. Sì, temperanza; perché se manca questa virtù, tutto è affidato alla sensibilità. [...] Purezza di cuore, rettitudine di intenzione, vita razionale e sobria, che è trasparente ed edifica; dà ai giovani meriti straordinari e li libera da grandi mali [...].

E alla temperanza, pazienza. È superfluo commentare questa frase, poiché la necessità della pazienza in chi educa è fuori dubbio. Se l'educazione deve essere così perfetta come la desideriamo e se tutto deve essere fatto per Dio e per la sua gloria, di quanta riserva di pazienza avremo bisogno! L'educatore deve essere padrone di sé e, secondo la frase dello Spirito Santo, nella pazienza possederemo le nostre anime. Di solito accade che la riserva di pazienza è minore quanto maggiori sono i nostri difetti e, se questi sono tanti, meno ancora si sopportano quelli del prossimo, specialmente dei subordinati. Ciò senza contare la quantità di pazienza di cui abbiamo bisogno non per sopportare, correggere ed educare il prossimo, ma per educare noi stessi e sopportare i nostri difetti.

E alla pazienza, pietà. Nella frase dello Spirito Santo «la pietà è utile per tutto» (l Tm 4,8). Come potrebbe non esserlo nell'esercizio della vostra professione? Pietà solida, tranquilla, amabile, severa, dolce, pacifica, opportuna, prudente, senza ridicolaggini o bigotteria, senza petulanza né esigenza, senza toni bruschi né baccano, a tempo debito, sempre in sintonia e d'accordo con l'azione, la persona e il luogo. Infine, la pietà, frutto dell'amor di Dio, perché se nasce da lì non le mancherà e non le avanzerà nulla.