La mitezza, la virtù dei santi (1935)

 

Non è facile acquisire dolcezza e mitezza: lo stesso san Francesco di Sales diceva che, per tre anni, aveva studiato e imparato questa virtù alla scuola del Salvatore, ma non era ancora soddisfatto. E se non era soddisfatto lui, che dovremmo dire noi, che alberghiamo l'ira nel cuore? Quando lo accusavano di accogliere con dolcezza i peccatori, quel santo benedetto diceva: Se ci fosse qualcosa migliore della dolcezza, Gesù Cristo non ce lo avrebbe insegnato? E adduceva questa motivazione: È molto che io dia le lacrime, il sangue e il cuore per queste anime, per le quali Gesù Cristo ha sparso tutto il suo sangue? Non è troppo dare le mie lacrime, la mia penitenza e il mio amore!

Diceva Gerson: «Gli uomini di Dio si sono sempre avvalsi della mitezza e della bontà come strumenti più idonei per arrivare a conquistare i cuori e convertirli a Dio». Io voglio servirmi degli stessi mezzi per ottenere lo stesso fine.

Con la dolcezza si educa, con la dolcezza si insegna, con la dolcezza si inculca la virtù, con la dolcezza si ottiene la correzione, con la dolcezza si evitano molti peccati, con la dolcezza si governa bene, con la dolcezza si compie tutto il bene.

Se preferiamo l'asprezza, la reticenza, la durezza, l'ira, l'impazienza, i modi bruschi, l'insolenza non è perché siamo convinti di fare un bene maggiore al prossimo; è perché in questo modo soddisfacciamo le nostre passioni, l'amor proprio, la superbia; perché questo modo ci risulta più comodo, più facile, più piacevole.

Se vogliamo giustificarci adducendo [come scusa] la necessità di non essere dolci per conservare meglio l'autorità, per ottenere la correzione del prossimo, per mantenere meglio la disciplina, per costringere al compimento del proprio dovere, inganniamo noi stessi, non seguiamo l'esempio di Gesù Cristo né osserviamo la sua legge, che è legge d'amore, e non imitiamo la santa Vergine e i santi.

Questo è stato vero sempre ed ha avuto valore in ogni tempo; oggi è l'unica cosa che abbiamo per influire sugli altri, per attrarre le anime a Gesù, per correggere i ribelli, per educare cristianamente. Tutto il resto, quando non eccita, indigna o fa ribellare, produce risate, burle e disprezzo.

Non c'è da farsi illusioni: la mitezza, l'affabilità, la dolcezza sono le virtù che conquistano il mondo.

Se mi dite che è molto difficile essere così; che l'abito della mitezza costa molto; che dolcezza, soavità e affabilità suppongono una completa vittoria su se stessi, esigono una vigilanza continua ed un sacrificio costante, vi dirò che è vero, che in effetti è così; però niente di tutto ciò è impossibile con la grazia di Dio e la nostra cooperazione.

Sapete come sant'Ambrogio attirò sant'Agostino? Con la mitezza e la dolcezza.

Sapete come san Francesco di Sales strappò dall'eresia più di settantaduemila anime? Con la dolcezza e la mitezza.

Sapete come hanno trionfato i martiri? Con la dolcezza e la mitezza.

Non c'è procedimento migliore di questo; se ci fosse stato, Gesù Cristo ce lo avrebbe insegnato.

Quando sento dire che un procedimento duro, acre, presuntuoso è il migliore e il più sicuro, dico tra me: questo è non solo umano, ma contrario agli insegnamenti e agli esempi di Cristo. Darà dei risultati? Umanamente, forse sì, ma, in ordine alla salvezza, non ha alcuna efficacia.

Riservate per voi le asprezze e siate con gli altri affabili, buoni, tutto per Dio e per la sua gloria.

È chiaro che tutto ciò vale se non è in contrasto con la legge di Dio; non ho bisogno di ricordarvi che c'è un limite alla mitezza ed è il peccato.

Possiamo distinguere due tipi di dolcezza: una vera, che nasce da un cuore puro e santo, un'altra, ipocrita, da tigre. Qui parliamo di quella che sgorga naturalmente da un cuore in grazia.