Pensieri 2 (1936)

 

Se pensate seriamente alla responsabilità che avete, troverete molte cose di cui pentirvi.

 

L'Opera deve essere conosciuta attraverso l'esempio delle persone che la incarnano e sarà giudicata, accettata o rifiutata in base al vostro agire.

 

Imitando l'esempio del divino Maestro avete fatto ricorso alla preghiera nei momenti più difficili?

 

La maggior parte della gente conosce le opere attraverso le persone che le rappresentano e non attraverso la loro storia, i loro statuti . Con le vostre parole, con le vostre opere, con la vostra condotta, siete stati capaci di dare un'idea dell'Opera?

 

Comprendete la vostra responsabilità di dover rappresentare un'Opera che è ammirata e benedetta, da alcuni, che vedono l'incarnazione dello spirito cristiano in un'unica organizzazione, capace di resistere in mezzo alle lotte attuali; e perseguitata , con insistenza, da altri, per ciò che rappresenta, per l'influenza che esercita e per la quasi impossibilità di essere distrutta, data la sua struttura particolare?

 

Avete due misure, una per il prossimo e una per voi?

 

Risolvete d'impulso i problemi, senza averli meditati davanti al tabernacolo, senza aver chiesto luci a nostro Signore, senza aver domandato un consiglio a chi ve lo può dare? Ricordate in ogni momento le parole di Gesù, quando disse di essere venuto per servire e non per essere servito?

 

La vostra mitezza si riflette in tutta la vostra vita, nelle parole, nei modi, nei gesti, nel tono della voce, nelle buone maniere, nel prendervi cura, nel rimproverare, ecc.?

 

Non esigete dagli altri ciò che voi non siete capaci di fare.

 

È un errore credere che gli altri non si rendano conto dei vostri difetti, delle vostre preferenze, delle vostre parzialità, ecc.

 

È più comodo fare le cose, che insegnare a farle; però così non si educa.

 

Quanta attenzione, quando l'affare è proprio! Quante cure! Quanto poco importa lavorare e soffrire! Allora, considerate che l'affare che avete tra le mani è di Dio: la vostra santificazione.

 

Uno degli ostacoli maggiori per comandare bene è farsi guidare da chi ci adula.

 

Una persona che ama ascoltare chiacchiere, anche se si giustifica dicendo che cerca di orientarsi, raramente agisce spassionatamente.

 

Disapprovare, a parole o con i fatti, chi ci ha preceduto nel comando significa rischiare di essere, quasi sempre, ingiusti. Quasi sempre chi crede di circondarsi di un alone di prestigio disprezzando gli altri ottiene un risultato contrario a quello che si prefigge..

 

Alterarci, perché altri criticano il nostro agire, e non approfittare delle critiche che ci vengono rivolte per correggerci, è amor proprio chiaro e manifesto.

 

Attaccarsi alla propria opinione, sapendo che non è buona, con il pretesto di mantenere l'autorità, è superbia e ingiustizia.

 

Dio premia la semplicità, la verità, l'umiltà, ma detesta e castiga la doppiezza, l'ipocrisia e la superbia in chi comanda.

 

È facile dirsi umili e manifestare il desiderio di esserlo, ma è molto difficile la vera pratica di questa virtù.

 

È bene chiedere perdono con frequenza, però è ancor meglio operare con purezza d'intenzione e vigilare su noi stessi.

 

Dice il proverbio: «Dimmi di che cosa fai sfoggio e ti dirò di che cosa manchi». Vigiliamo affinché la nostra condotta non sia a dimostrazione del proverbio.

 

Quando diciamo che di tutto ci si può accusare tranne che di quello, è perché la passione ci ha resi ciechi.

 

Se nostro Signore si comportasse con noi come con i persecutori dell'adultera, scaglieremmo la prima pietra?

 

Se la virtù ci urta e il buon esempio ci esaspera, la nostra infermità spirituale è grave, urgente è porvi rimedio.