A Los Negrales, alle radici del carisma: i cooperatori italiani (ACIT) celebrano 30 anni di vita
"... Con la loro stessa esistenza nel mondo i cristiani sono [...] chiamati a far risplendere la Parola di verità che il Signore Gesù ci ha lasciato..." (Benedetto XVI, Porta fidei, n. 6).
"... la fede impegna ognuno di noi a diventare segno vivo della presenza del Risorto nel mondo" (Ibidem, n. 15).
Sono solo due delle tante frasi, delle tante "parole chiave", che hanno riempito le giornate che i membri della Associazione Cooperatori italiana dell'I.T. (ACIT) hanno voluto "regalarsi", in occasione della celebrazione del 30° anniversario della costituzione della loro associazione.
La vita dei membri ACIT è da sempre, diremmo "per vocazione", caratterizzata da una missione e una presenza evangelizzatrice vissuta nel quotidiano (negli impegni professionali, familiari, ecc.); dalla condivisione e dallo scambio fraterno realizzato, principalmente e "ordinariamente", all'interno dei gruppi costituiti nelle località dove l'I.T. è presente (all'attualità, Roma, Rossano Calabro, Palermo e altre località della Sicilia); e infine dalla condivisione e dallo scambio fraterno che si realizza tra i membri dei diversi gruppi e delle diverse realtà locali: nei contatti epistolari e telefonici, negli incontri che si organizzano periodicamente per specifiche esigenze di missione, di celebrazione ecc., e soprattutto in un incontro annuale di tutti i membri (aperto ad amici e simpatizzanti) che "qualifica" la vita associativa sin dalla costituzione dell'associazione, avvenuta nel 1982.
Quest'anno, nella ricorrenza del trentennale, ACIT Italia è voluta "andare alle radici" della propria vocazione, celebrando l'incontro associativo annuale là dove "pulsa" il cuore, lo spirito del carisma: nella casa di Santa Maria de Los Negrales, a circa 50 km da Madrid, dove si era da pochi giorni conclusa l'Assemblea Generale dell'I.T. e dove - soprattutto - riposano i resti del Fondatore, San Pedro Poveda, e della sua principale collaboratrice e prima Direttrice dell'Istituzione, Josefa Segovia, in una cappella che rappresenta naturalmente per ogni membro dell'Istituzione un luogo privilegiato di preghiera e di incontro con il Signore.
Il programma delle giornate (dal 19 al 26 agosto), era vario e stimolante: 6 giorni "pieni" (oltre a quelli necessari per il viaggio), dei quali tre di preghiera (nella Casa di Santa Maria), e tre di "turismo", anch'esso peraltro contraddistinto da robusti "agganci" alla storia e alle radici teresiane: un giorno di visita ad Avila (la città dove è nata e vissuta principalmente Teresa di Gesù, la santa monaca carmelitana "eminentemente umana e tutta di Dio", che Pedro Poveda volle offrire ai membri - laici! - dell'Istituzione come modello di donna di preghiera, profondamente "radicata" nella vita del suo tempo); un giorno di visita a Madrid (la capitale, la città dove Pedro Poveda visse gli ultimi anni della sua vita); un giorno a Salamanca (città universitaria, profondamente connaturata alla spiritualità di una Istituzione che vuole fare della cultura un mezzo - il mezzo principale - di evangelizzazione e promozione umana; e anche la città dove Josefa Segovia si rifugiò durante il primo, terribile periodo della guerra civile, e dove la raggiunse proprio il 24 agosto 1936 la notizia del martirio di Pedro Poveda, avvenuto circa un mese prima).
Le giornate di preghiera sono state guidate da Arantxa Aguado, Direttrice Generale dell'I.T. nel periodo 1988-2000, che ha proposto ai presenti una meditazione sulla fede, a partire dal "Motu proprio" - "Porta fidei" - che il Papa ha indirizzato a tutta la Chiesa per indire, dal prossimo 11 ottobre al 24 novembre 2012, un "Anno della fede". A fianco del testo del Papa - naturalmente, e vista l'occasione, diversi scritti di San Pedro Poveda e di Josefa Segovia, sempre sulla tematica della fede che sfocia, necessariamente e inevitabilmente - come dice lo stesso Benedetto XVI - nella carità e nella unione fraterna.
Non è possibile, in questa sede, enumerare i tanti spunti di riflessione che le proposte di Arantxa hanno suscitato nei presenti. Possiamo solo sottolineare il sapiente "dosaggio" tra momenti di silenzio e di meditazione personale e momenti di condivisione; il clima che si è respirato in un ambiente - come detto - davvero "speciale" come quello di Los Negrales; l'influsso, innegabile, dello Spirito, che ha "colorato" le giornate spagnole rafforzando e cementando la comunione tra i presenti (la maggior parte, come previsto, membri ACIT provenienti da Roma e dalla Sicilia, ma con una importante e gradita presenza di membri della c.d. "Associazione Primaria" e di amici, questi ultimi integratisi perfettamente nella dinamica dell'incontro).
Una delle meditazioni più "forti", tra quelle proposte da Arantxa (ammesso che sia possibile stabilire una "classifica"!) è stata quella sul commento di San Pedro Poveda al cap. 17 del Vangelo di Giovanni (la c.d. "preghiera sacerdotale"): un invito pressante e accorato - da parte del Fondatore - all'unione e alla comunione tra i membri dell'Istituzione, perché sia resa viva la presenza di Gesù nel mondo, anzi - ancor più - perché "il mondo creda che Gesù è stato mandato dal Padre"... "Se ponderassimo debitamente ciò che questo significa - scrive Poveda - e avessimo almeno una scintilla di amor di Dio e di zelo per la salvezza del prossimo, che impegno metteremo per conservare ed accrescere la carità mutua, l'amore fraterno!".
Ecco, non c'è dubbio - come testimoniato in maniera evidente dalla profondità dei momenti di condivisione di vita che i partecipanti all'incontro sono riusciti a vivere - che lì, a Los Negrales, nel trentennale della costituzione di ACIT Italia, quella "scintilla" si è accesa! Voglia il Signore che continui ad ardere, e si propaghi come un incendio e tocchi tutti gli altri membri dell'associazione che non hanno potuto essere presenti e - a cerchi concentrici - la Chiesa e il mondo, bisognosi di una umile, mite e generosa testimonianza di fede e di carità.
Roberto Jori