Convegno diocesi Roma

"Cristo, tu ci sei necessario!".  L'I.T. al Convegno ecclesiale della Diocesi di Roma

 Gli scorsi 17, 18 e 19 giugno la diocesi di Roma è stata impegnata nell'annuale "Convegno Ecclesiale diocesano": un appuntamento che vede riuniti intorno al proprio vescovo - per "fare il punto" sulle urgenze pastorali - parroci, sacerdoti, fedeli laici in rappresentanza delle proprie parrocchie o appartenenti ad associazioni, movimenti o aggregazioni. L'Istituzione Teresiana è stata presente con alcuni dei suoi membri residenti a Roma, la maggior parte dei quali intervenuti anche in rappresentanza delle rispettive parrocchie dove collaborano. Quest’anno, in un certo senso, l’appuntamento era reso ancora più stimolante dalla presenza del “nuovo Vescovo” di Roma, il vescovo venuto “dalla fine del mondo”, papa Francesco, che fin dal giorno dell’elezione ha voluto enfatizzare questo suo ruolo.

 Già l'argomento in sé, proposto alla riflessione, risultava in ogni caso accattivante: "Cristo, tu ci sei necessario: la responsabilità dei battezzati nell'annuncio di Gesù Cristo". Un tema che ha consentito a tutti i presenti di meditare e “fare il punto” sui percorsi proposti nelle diverse parrocchie e realtà ecclesiali, in particolare  nell’ultimo anno – su impulso della diocesi ma in definitiva di tutto l’episcopato italiano – riguardanti i nuovi modi di annunciare Cristo in un ambiente ormai secolarizzato. 

La catechesi di papa Francesco – proposta nell’Aula Paolo VI, a San Pietro, il pomeriggio del primo giorno – è stata, da questo punto di vista, come sempre illuminante: nel suo intervento – che è già diventato un “testo di studio” distribuito nelle parrocchie tra i laici più impegnati nella catechesi e nella pastorale – ha toccato tutti i temi a lui cari: la necessità – per un cristiano – di offrire gratuitamente al mondo la grazia che gli è stata donata; l’importanza di una testimonianza gioiosa che sia portatrice di speranza; la consapevolezza – che deve essere propria di ogni battezzato – di essere chiamato solo a “seminare”, senza preoccuparsi del “raccolto” (che spetterà ad altri) e senza preoccuparsi se la semina sembra infruttuosa, perché spetta solo a Dio far crescere il seme; la necessità che le comunità cristiane si “aprano” al mondo per andare verso le “periferie” – sia geografiche che esistenziali – “dove gli uomini e le donne vivono, lavorano e soffrono e annunciare loro la misericordia del Padre che si è fatta conoscere agli uomini in Gesù Cristo di Nazareth”. Splendida, a questo proposito, la metafora proposta con il consueto senso dell’umorismo da Francesco, che – parafrasando la parabola della pecora smarrita del Vangelo di Luca (Lc 15, 3-7) – ha invitato tutti i cristiani a considerare che nella situazione odierna di secolarizzazione al pastore è rimasta solo una pecora, ed è quindi chiamato ad andare a cercare le altre 99 che si sono smarrite nel deserto…! Ma noi, invece, tendiamo a restare chiusi nell’ovile ad “accarezzare” e “pettinare” quell’unica pecora; mentre  – dice il papa – “il Signore ci vuole pastori, non pettinatori di pecorelle!”.

  Convegno. Sala Paolo VI

Ma due sono stati i punti dell’intervento del papa, che più direttamente hanno interpellato il carisma dell’Istituzione Teresiana:

a)    l’aver sottolineato con forza che – senza dimenticare la cosiddetta “opzione preferenziale per i poveri”, che la Chiesa deve necessariamente considerare i destinatari principali dell’annuncio – il Vangelo è “per tutti”, e quindi – senza dubbio – anche per gli uomini di cultura. “La Chiesa” ha affermato Francesco “è sempre stata presente nei luoghi dove si elabora la cultura… La sapienza, che deriva dalla Risurrezione, non si oppone a quella umana ma, al contrario, la purifica e la eleva”; e quindi “dobbiamo andare alle frontiere dell’intelletto, della cultura, nell’altezza del dialogo, del dialogo che fa la pace, del dialogo intellettuale, del dialogo ragionevole”… Quale sintonia con il Poveda che diceva ai membri della sua Opera che dovevano “dimostrare con i fatti” che la fede e la cultura sono tutt’altro che incompatibili, e che non dovevano farsi superare da nessuno “nel sapere o nell'arte di rendere piacevole lo studio e di inculcare amore per la scienza, il cui autore è Dio, sapienza infinita, al quale tanto più assomigliamo quanto più verità conosciamo”!

b)    l’aver richiamato in modo esplicito la “spiritualità martiriale” che non può non animare il cristiano che vuole davvero seguire Gesù per portare al mondo la sua grazia. Non è facile – ha affermato Francesco – annunciare il Vangelo, perché ci si può far vincere facilmente dallo scoraggiamento e dal pessimismo, e cedere alla tentazione di pensare che non ne valga la pena… Esiste – ha detto il papa – un “martirio della vita” (quello dei santi martiri, dei primi cristiani e dei martiri del nostro tempo, come Pedro Poveda e Victoria Diez), ma anche un “martirio di tutti i giorni”, che consiste nell’accettare la lotta quotidiana per portare avanti la nostra testimonianza…

Al termine del suo intervento, Francesco ha partecipato insieme ai numerosissimi fedeli intervenuti (era stato ricavato anche un apposito spazio nel cortile esterno della “Sala Nervi”!) ad un intenso momento di preghiera, animato dal Coro della Diocesi di Roma diretto da mons. Frisina.

Il giorno successivo, nella Basilica di San Giovanni in Laterano - la "Cattedrale di Roma" - i partecipanti si sono ritrovati per un secondo incontro, introdotto da S.E. il Cardinale Vicario, Agostino Vallini, che ha innanzitutto presentato il relatore "ospite", mons. Franco Giulio Brambilla, vescovo di Novara ed insigne teologo (sua, tra l'altro, la relazione introduttiva del IV Convegno Ecclesiale nazionale, tenutosi a Verona nel 2006).

Mons. Brambilla ha intrattenuto i presenti con una densa riflessione dal titolo "L'impegno della comunità ecclesiale per la responsabilità dei cristiani di annunciare Gesù Cristo".

Come base per la sua meditazione il relatore ha scelto l'incipit della prima lettera di Paolo ai Tessalonicesi, considerato il testo più antico - in ordine cronologico di redazione - del Nuovo Testamento. Nel primo capitolo Paolo si rivolge alla comunità di Tessalonica con sentimenti di gratitudine, e ricordando l'elezione da parte del Signore, che ha preceduto l'adesione a Lui da parte dei membri della comunità. Questi sentimenti - secondo mons. Brambilla - dovrebbero animare ogni comunità cristiana di ogni tempo ed ogni luogo, perché sia cosciente che l'annuncio del Vangelo va visto come qualcosa di intrinseco all'uomo, qualcosa di cui non può fare a meno, con la coscienza che chi evangelizza è una persona che, oltre che "dare", continua sempre e comunque a "ricevere" ("il Vangelo che trasmettiamo è lo stesso che continuiamo a ricevere").

Questo atteggiamento di umile gratitudine per l'elezione del Signore porta il cristiano ad essere testimone credibile e responsabile, capace - come afferma Paolo riferendosi agli amici Tessalonicesi (1Ts 1, 7-8) - di diventare "modello" per gli altri credenti, di far "riecheggiare la parola" al punto che "la fama della vostra fede in Dio si è diffusa dappertutto, tanto che non abbiamo più bisogno di parlarne".

Mons. Brambilla ha continuato a sviluppare il suo discorso introducendo concetti particolarmente interessanti, quali quello di cristianesimo ospitale, che dovrebbe estrinsecarsi in uno "stile" di evangelizzazione capace di trasmettere sì (questo è essenziale) i valori evangelici all'interno di "forme pratiche" di vita, ma senza annunciare noi stessi o il nostro modo di vivere, quanto piuttosto il vangelo di Gesù. "Il Vangelo" dice Brambilla "non si incontra allo stato puro, ma dentro un volto e una storia". E la responsabilità del cristiano, quindi - conclude il vescovo - diventa quella di rendersi capace di "racconti di vita cristiana"; di "scrivere nell'alfabeto della vita umana la Parola cristiana", di "narrare la [propria] esistenza nel lavoro, nella scuola, nel volontariato, nell'impegno sociale per vicini e lontani, iscrivendovi il Vangelo di Gesù".

Il Cardinale Vicario ha concluso l'incontro tentando di individuare - per proporle alla riflessione delle parrocchie, dei movimenti e delle associazioni - linee di sviluppo per una pastorale che favorisca e accresca la responsabilità dei battezzati nei più diversi campi (carità, scuola, salute, politica...).

Dopo un momento di preghiera, i presenti si sono dati appuntamento per il giorno successivo, ciascuno presso la propria parrocchia, per approfondire i numerosi spunti proposti dal Papa, dal Cardinal Vicario e da mons. Brambilla, che continueranno a illuminare la riflessione di tutti i battezzati per l'anno pastorale che inizierà dopo l'estate.

 

Roberto Jori