San Pedro Poveda e l'Istituzione Teresiana: una risposta ai segni dei tempi

(Intervento di Daniela Corinaldesi nella Tavola Rotonda “Cento anni di vita: dalla memoria all’impegno” nell’aula magna dell’Università Gregoriana per la celebrazione del Centenario dell’Istituzione Teresiana.)

In questo anno 2011, si celebrano i cento anni della fondazione dell’Istituzione Teresiana, con il proposito di passare “dalla memoria all’impegno”, volendo creare una relazione fra il passato, che si intende rievocare per trarne quella linfa vitale, che viene dalle radici più profonde, ed il futuro da costruire a partire da quelle radici. Un tale rapporto fra passato e futuro sempre si gioca nel presente, un presente che diventa kairos, il momento dello Spirito, il momento opportuno per fare le scelte che determineranno il futuro.


L’aveva ben capito il fondatore dell’Istituzione Teresiana S. Pedro Poveda, quando, intorno al 1910, scrive: “Le collettività, come anche gli individui, hanno il loro momento, la loro epoca critica nella loro storia, e questa di solito è decisiva per la sorte futura di quella collettività e della nazione a cui essa appartiene. Sarà questo il momento decisivo?” È appunto tale consapevolezza del presente che spinge Poveda ad una lettura profonda del suo momento storico, per individuare i segni dei tempi, lui che si definisce uno che ha “la mente ed il cuore nel momento presente”,  infatti sa intuire nel “qui ed ora” il passaggio del Signore, quando gli occhi e la mente si aprono alla realtà e il cuore percepisce i bisogni della gente e vive l’urgenza di passare all’azione.


Fare memoria della lettura che Poveda dà dei segni del suo tempo e soprattutto del suo modo di rispondervi, è quanto mi propongo di fare in questa riflessione, non solo per cogliere la sua metodologia d’azione, ma soprattutto per individuare uno stile di risposta che ci porta nel cuore di un carisma, nello specifico di una modalità laicale di essere testimoni del Vangelo nelle varie realtà del mondo.


Quali sono i segni del suo tempo che interpellano in modo particolare Poveda?
Il primo aspetto problematico con cui Poveda si confronta è quello della conflittualità sociale, dell’emarginazione delle masse “proletarie”, come allora si diceva, alle quali non era riconosciuto alcun diritto. Nell’ottobre del 1901, da giovane sacerdote nel seminario di Guadix (era stato ordinato nel 1897), comincia a frequentare, per delle catechesi, la zona delle grotte scavate nel tufo, dove vivevano poveri artigiani, braccianti e gitani, emarginati dal resto della città; subito emerge un suo modo singolare di affrontare questo problema; afferma alcuni anni dopo: “Confesso che nell’andare alle grotte con un gruppo di seminaristi non pensavo ad altro che ad una catechesi… dalle nostre visite sorse il progetto delle scuole.


Si rese subito conto che l’annuncio evangelico in quella realtà doveva coniugarsi con la promozione della dignità della persona umana e che curare l’educazione e la formazione integrale di quelle persone era l’unica via per superare la conflittualità sociale e creare una società più umana e più coerente con  il Vangelo. Solo pochi anni prima, nel 1891, Leone XIII nella “Rerum novarum”, uno dei capisaldi della dottrina sociale della Chiesa, aveva sottolineato la necessità di avvicinare fra loro le classi sociali, collaborando nella realizzazione di giuste condizioni di vita e di lavoro per gli operai, nella condivisione del “superfluo”, nel rispetto della dignità della persona umana.


Pedro Poveda, trasferitosi anche lui in una di quelle grotte, coinvolse nel progetto di costruzione di una scuola e di una mensa in quella zona emarginata, la popolazione benestante del centro cittadino, perché desse il proprio contributo in denaro, in collaborazione attiva, in preghiere.
Il successo fu strepitoso. Se ne fece eco il  giornalista  Garci  Torres sul giornale locale "El Accitano" nel 1903: "Chiunque   salga  alle  grotte – scrive - troverà  quella   zona irriconoscibile: bellissimi padiglioni, giardinetti,  e soprattutto  cultura, rispetto per il  visitatore... C'era una barriera  fra  colti  e  ignoranti,  tale barriera sta scomparendo..."


Eppure, pochi  anni dopo, Poveda si vide costretto a prendere  la decisione  di allontanarsi da Guadix; le sue attività fuori del normale, che in qualche modo avevano alterato le regole del gioco che mantenevano l'equilibrio sociale, avevano  provocato un'ondata di persecuzioni, intrighi, sofferenze su di lui e sulle attività da lui create. Eppure, come lui stesso ebbe a dire in seguito, da quella esperienza in Guadix era nata la vocazione a quel “genere di apostolato” che avrebbe caratterizzato tutta la sua vita e successivamente l’associazione da lui fondata.


Da Guadix, nel 1905, Pedro Poveda si trasferisce a Covadonga, un santuario fra le montagne delle Asturie,  nel nord della Spagna.
L’ambiente solitario, il silenzio rotto solo dallo scrosciare della cascata d’acqua che sgorga da sotto la grotta della Madonna, venerata come la “Santina”, favoriscono la preghiera e l’interiorizzazione, ma la mente ed il cuore di Poveda traggono da queste profondità mistiche un’ulteriore spinta a guardarsi attorno, innanzitutto ai pellegrini che salgono al santuario, per i quali prepara una serie di opuscoli perché il pellegrinaggio si trasformi in un’occasione di conversione e di autentico incontro con Dio. Il suo sguardo spazia oltre gli stessi confini di Spagna, il suo orizzonte si allarga, sono frequenti  i contatti con illustri personaggi della cultura che salgono a Covadonga e le sue visite ad Oviedo, centro culturalmente molto vivace, sede di un’importante Università; oltre che alla  preghiera, Poveda dedica molto tempo alla lettura e allo studio di quanto gli arriva sulla realtà culturale, sociale e politica della Spagna e dell'Europa.


Siamo nei primi decenni del ‘900, gli Stati si stanno facendo carico dell’educazione delle masse, lo slogan è: scuola laica, moderna e gratuita. I governi liberali varano leggi che tendono a limitare l’influenza degli istituti religiosi nell’insegnamento (Legge del “candado” è del 1910), è in discussione l’insegnamento del catechismo nella scuola primaria e della religione cattolica nella secondaria. È in atto un processo di secolarizzazione della cultura e dell’educazione, che in Spagna assumerà toni di forte anticlericalismo e più tardi di vera persecuzione.


Molti cattolici si attestano su posizioni di difesa delle strutture confessionali tradizionali e di netta contrapposizione alle novità che ostacolano l’influsso della Chiesa sulle masse, radicalizzando lo scontro fra cattolici e laici, mentre si allarga la frattura fra Chiesa e mondo moderno. La diffidenza ed il sospetto, da parte di cattolici tradizionalisti nei confronti di un rinnovamento del pensiero cristiano sulla base di metodologie moderne (modernismo), indussero molti fedeli a interrogarsi sulla possibilità di essere allo stesso tempo veri credenti ed uomini di cultura e di scienza.


Pedro Poveda legge le situazioni del suo tempo, anche le più problematiche e conflittive, in termini di nuove opportunità e in quel processo di secolarizzazione in atto, vede anche l’occasione per scoprire nuove modalità di essere autenticamente cristiani nel mondo: valorizzando tutto ciò che è umano e riempiendolo di Dio, nella logica dell’incarnazione; promuovendo l’impegno dei laici, perché, come i primi cristiani, siano testimoni autentici di Cristo in una società secolarizzata; formando persone che siano sale e lievito dei valori evangelici nelle strutture pubbliche.


Riconosce, nella realtà del suo tempo, una vera e propria “emergenza educativa”: l’emergere cioè di situazioni nuove che fanno sorgere in lui l’urgenza di trovare strade nuove. E avendo identificato nel problema pedagogico l’elemento chiave per costruire la società del futuro, individua come soggetti fondamentali per un cambiamento sociale gli educatori e le donne; fra gli educatori, in primo luogo i maestri di quella scuola primaria che si sta aprendo alle masse popolari e i docenti degli Istituti Magistrali ( Escuelas Normales), che hanno il compito di formarli; e poi le donne, che cominciano ad avere accesso al mondo del lavoro, all’istruzione, all’Università, assumendo un ruolo sempre più attivo nella società, al di fuori della famiglia.


Alla diffidenza che si ha in campo cattolico nei confronti della cultura moderna e della scienza in genere, risponde: “Dimostriamo con i fatti che la scienza si armonizza bene con la santità di vita”, rinunciando ad entrare nel dibattito teorico sul rapporto scienza e fede ed affermando invece che la sintesi la fa la persona, di fede e virtù solide e ben preparata culturalmente, con il suo modo di essere e attuare pratico.


Poveda sente dunque l’urgenza di coordinare fra loro educatori cattolici, intellettuali, docenti, gerarchia, nell’intento di formare i docenti della scuola pubblica secondo i principi dell’antropologia cristiana e insieme secondo i nuovi metodi pedagogici che si stanno diffondendo in Europa, le cosiddette Scuole Nuove. Elabora così un Progetto per una Istituzione Cattolica degli Insegnanti, lo invia a tutti coloro che a suo parere avrebbero potuto contribuire alla sua realizzazione, anche ai vescovi perché lo assumano e lo promuovano. Molti  lo elogiano, condividendo le sue preoccupazioni, e lo incoraggiano ad attuarlo, ma individuano proprio nella difficoltà di coordinamento, il punto debole del progetto, a causa dell’individualismo e del particolarismo che caratterizzano molte opere cattoliche e della mancanza di strutture di coordinamento nella gerarchia.


Qualcuno gli dà del visionario, invitandolo a mettersi all’opera, piuttosto che a fare progetti; in realtà Poveda ha già cominciato ad aprire alcune Accademie pedagogiche (Gijòn agosto1911, Oviedo dicembre 1911, Linares marzo 1912).
Le Accademie erano centri che avevano lo scopo di promuovere la formazione degli insegnanti.


In esse gli studenti degli Istituti Magistrali si preparavano ai Concorsi per diventare maestri o a sostenere gli esami per accedere all’Università (Escuela Superior de Magisterio); alle Accademie erano annesse la Scuola per l’infanzia, la Scuola serale per operaie e la Scuola domenicale per bambine che non frequentavano quella pubblica, attività che permettevano di fare tirocinio ed al tempo stesso di realizzare un’importante opera di alfabetizzazione e di educazione religiosa a vantaggio di chi non aveva altra possibilità di istruzione.


Molte Accademie avevano anche un internato per le studentesse non residenti.
Presso l’Accademia sorgeva inoltre il Centro Pedagogico, dove si incontravano e si aggiornavano i maestri in servizio. Lo studio, la pratica di metodi nuovi erano considerati mezzi fondamentali di formazione, insieme all’elaborazione e diffusione di un pensiero pedagogico innovativo, improntato ad un’antropologia cristiana, mediante conferenze, dibattiti culturali e la pubblicazione, dal 1912, di una rivista (il Bollettino delle Accademie Teresiane).
Nel 1913 Poveda si trasferisce a Jaèn per dedicarsi pienamente al suo progetto e lì crea una nuova Accademia per studentesse dell’Istituto Magistrale, che si sta per aprire in quella città, e ne affida la direzione a Josefa Segovia che ha appena terminato brillantemente gli studi nella Scuola Superiore di Magistero e che diventerà la sua più diretta collaboratrice.


Nel 1914 apre a Madrid un’Accademia Internato per studentesse della Scuola Superiore di Magistero, una delle prime residenze per universitarie in Spagna.


Tutte le Accademie fondate da Poveda  erano intitolate a S. Teresa d’Avila, maestra di preghiera e di vita spirituale; in lei, donna “pienamente umana e tutta di Dio”, Poveda indicava lo stile di persona che intendeva formare, favorendo la crescita umana e spirituale in un clima di libertà e di espansione, ricreando un ambiente simile a quello di una famiglia, caratterizzato da semplicità, naturalezza, amorevolezza nelle relazioni, nel quale la convivenza e la quotidianità diventavano scuola di vita e di trasmissione di una fede profonda e di un impegno serio nella realtà.


La visione antropologica su cui si fonda il pensiero pedagogico di Poveda ha come punto di riferimento l’incarnazione di  Cristo: “L'umano è stato perfezionato e divinizzato, perché  è stato riempito di Dio… Poiché ritengo che queste vite non potranno essere quali le desideriamo se non sono vite di Dio, voglio cominciare col riempire di Dio chi deve vivere un vita pienamente umana.”  La meta finale del suo impegno educativo è la stessa indicata da Paolo nella lettera ai Galati (4, 19) “che Cristo si formi in voi, che rappresentiate Cristo, che la vita di Cristo si manifesti in voi”, fino a diventare icone viventi di Cristo Crocifisso e Risorto. A questo proposito Poveda ricorda: “La nostra associazione si deve al Crocifisso… quando dagli edifici pubblici, dai centri docenti lo si voleva togliere… perciò in questi stessi luoghi voi siete portatori di Cristo, o meglio dei crocifissi viventi ”.


Nel 1916 Poveda ha ormai chiaro che il progetto di un’organizzazione che avrebbe dovuto coordinare i cattolici impegnati nel campo educativo, era irrealizzabile, ma le sue Accademie sono una realtà e svolgono un servizio fondamentale e, a suo dire, “provvidenziale”; così come sono una realtà le tante persone che vi collaborano e condividono la sua opera educativa.


Di qui l’esigenza di dare una forma istituzionale a queste realtà, esigenza a cui Poveda risponde cogliendo un altro segno del suo tempo, il diffondersi in tutta Europa, e soprattutto in Italia, di varie associazioni di laici, come ad esempio l’Azione Cattolica. L’enciclica “Il fermo proposito” di Pio X del 1905 sull’Azione Cattolica Italiana ha echi numerosi nei suoi scritti.


Nasce così l’Istituzione Teresiana, riconosciuta nella diocesi di Jaèn, nel 1917, come Pia Unione e, nel 1924, dal Papa Pio XI, come Pia Unione Primaria a carattere universale.


Fra il 1916 ed il ‘23, vanno intanto aumentando le persone che, con donazione totale, si impegnano nella missione dell’Istituzione, dando origine al cosiddetto “nucleo propulsore”, allo stesso tempo cresce il numero di quanti, condividendo le finalità dell’Istituzione, collaborano attivamente alla sua missione, innanzitutto le ex allieve delle Accademie, ormai maestre in servizio nella scuola pubblica, che si organizzano nell’Associazione delle Exalunne, e innumerevoli docenti di scuole superiori ed ispettrici, che danno vita all’Associazione delle Cooperatrici, attiva nella formazione degli educatori, mediante la diffusione di una rivista e convegni di grande risonanza.


Per stimolare poi l’impegno evangelizzatore delle studentesse delle Accademie, sollecitato dall’Enciclica di Benedetto XV Maximum illud del 1919, Poveda crea l’associazione Gioventù Teresiana Missionaria, che facilitava la relazione fra quelle giovani ed i sacerdoti in terre di missione. Tutte queste Associazioni erano parte integrante dell’Istituzione Teresiana, che, in questa sua ricca e variegata realtà, viene presentata al Papa da Josefa Segovia, quando si recò a Roma, nel 1923, per chiederne l’approvazione.


Per concludere vorrei mettere a fuoco tre elementi che a mio parere caratterizzano l’intuizione profetica di Poveda e che anticipano aspetti che saranno ampiamente sviluppati dal Concilio Vaticano II, 50 anni dopo.


Innanzitutto la valorizzazione della persona umana, nella pienezza della sua dignità di creatura  di Dio, libera, unica e irripetibile, ontologicamente buona, e tuttavia chiamata a perfezionare se stessa conformandosi a Cristo: “Tu devi essere sempre tu… ma ogni giorno più santa, cercando di perfezionare il tuo modo proprio di essere, senza imitare qualcun altro,  né voler essere diversa da come Dio ti ha creato. ”


Un secondo elemento è l’atteggiamento dialogante proprio di Poveda, per cui guarda con simpatia tutte le realtà umane e fa sintesi fra elementi apparentemente opposti: “vita pienamente umana e tutta di Dio ”, “fede e scienza”, “preghiera e studio”, “spirito e scienza ”, “fortezza e amore ”, “fede e opere… come uomini liberi, ma come servi di Dio ”. Getta così le basi per una spiritualità laicale, centrata sull’incarnazione, per cui è proprio dei cristiani animare le realtà terrene, essendo “esteriormente semplici, umili, confondendosi con la gente comune, ma essendo interiormente singolarissimi per la singolarità della virtù, per l’elevato grado di santità, per la singolarità dello spirito di Cristo.


Un terzo elemento caratterizzante il carisma di Poveda è l’evangelizzazione della cultura e delle culture, ovvero la capacità del credente di essere segno e mediazione della presenza di Dio nel mondo e nella storia, per “raggiungere e quasi sconvolgere mediante la forza del Vangelo i criteri di giudizio, i valori determinanti, i punti di interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita dell’umanità” (EN 18); si inserisce così in quel cammino del dialogo fra Chiesa e mondo contemporaneo, che caratterizzerà il Concilio Vaticano II, e che è ancora una sfida per i laici cristiani del nostro tempo.