Democrazia, formazione delle coscienze, bene comune: una riflessione a partire da uno sguardo sull'oggi


DemocraziaNon parleremo (non ancora, almeno) delle elezioni presidenziali americane e della inattesa vittoria di Donald Trump. E neppure dell'imminente referendum sulla riforma costituzionale, in programma in Italia il 4 dicembre prossimo. Ma, mentre si avvicina la conclusione di questo anno 2016, ricco di eventi importanti e significativi a livello della politica internazionale, pensiamo valga la pena si soffermarsi a riflettere su alcuni di essi, per una breve riflessione, alla luce del carisma dell'Istituzione Teresiana, su uno dei concetti-cardine della società e della politica contemporanea: la DEMOCRAZIA.

Quasi nessuno, oggi - almeno nell'area geopolitica e socio-economica che definiamo "occidentale" - si sognerebbe di mettere in discussione l'indispensabilità di un regime politico democratico: perfino le forze politiche che si richiamano ad ideologie anti-democratiche non possono che apprezzare, e volentieri "sfruttare", la possibilità offerta dalla democrazia, di professare pubblicamente quelle ideologie. E del resto - anche guardando agli anni e ai secoli passati, e agli sforzi e alle lotte che sono stati consumati, per giungere a questo traguardo - nessuno potrebbe trovare una modalità diversa per conseguire l'obiettivo di consentire a ciascun cittadino di esprimere la propria opinione e di scegliere i propri rappresentanti e i propri governanti.

 Ma, proprio volgendosi a guardare la storia degli ultimi due secoli, e cercando di analizzare con spirito critico gli eventi che caratterizzano i nostri giorni, crediamo si debba ammettere, oggi, che non possiamo dare una risposta certa a queste domande:

  • l'esistenza di un regime democratico, garantisce di per sé che siano scelti gli uomini migliori, per il governo della cosa pubblica? e che le scelte fatte da questi uomini siano quelle che meglio tutelano l'interesse pubblico, il "bene comune"?
  • le forze politiche che ottengono il favore della maggioranza e il diritto a governare, attraverso libere elezioni, possono esercitarlo senza limiti, almeno finché sono al potere?

Tenendo presenti queste domande, proviamo a dare uno sguardo - come si accennava all'inizio - a due tra i numerosi eventi di politica internazionale che hanno caratterizzato questo anno: la cosiddetta "Brexit" (l'uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea a seguito del referendum indetto tra i cittadini del Regno Unito) e il fallito colpo di Stato con il quale una parte dell'esercito turco ha tentato di rovesciare il governo guidato da Erdogan.

L'atto con cui i cittadini britannici hanno deciso, a maggioranza, di uscire dall'Europa, è senza dubbio il "più democratico" che ci sia: un referendum, ossia il principale tra gli strumenti di "democrazia diretta" oggi esistenti, quello che consente al popolo di esprimersi senza la mediazione dei propri rappresentanti. Nulla da obiettare, dunque? Visto che è stata assunta dalla maggioranza dei votanti, è sicuramente la migliore scelta che essi potessero fare? Difficile dirlo... Si ricorderà, peraltro, che solo poche ore dopo l'esito del voto alcuni sondaggi condotti tra la popolazione rivelavano che molti cittadini non avevano ben chiaro per cosa si fosse votato, e comunque  - meno che mai - quale sarebbero state le conseguenze del voto! Inoltre, è stato sottolineato, analizzando l'esito del voto per fasce di età, come la scelta del "no" sia stata operata soprattutto dagli elettori anziani, mentre i giovani si sono espressi a larga maggioranza per rimanere nell'Unione: insomma, le conseguenze dell'uscita - che naturalmente si manifesteranno pienamente nel medio termine - saranno "pagate" soprattutto da quei britannici che meno di tutti l'hanno voluta...

Passiamo alla Turchia: un colpo di Stato è certamente uno degli atti più violentemente anti-democratici che si possano immaginare; e crediamo si possa convenire che le immagini dei carri armati che percorrevano le strade di Ankara e di Istanbul, che abbiamo visto nelle edizioni straordinarie dei TG subito andate in onda la sera del 15 luglio scorso, abbiano destato in tutti una fortissima inquietudine. Ma non si può nemmeno dimenticare che sin dal 2007, sempre attraverso atti formalmente "democratici", il presidente Erdogan ha avviato la Turchia verso una forma di governo via via più autoritaria lontana dal modello laico e democratico che aveva fatto di quel paese un "unicum" nel panorama degli stati medio-orientali a maggioranza islamica, fin dalla proclamazione della Repubblica nel 1923; e che - almeno stando alle intenzioni proclamate, e da alcuni commentatori contestate -  i militari "golpisti" si proponevano esattamente l'obiettivo di rovesciare il presidente Erdogan per riportare il paese al modello precedente, interrompendo l'evoluzione autoritaria.

Un clamoroso "rovesciamento di ruoli", dunque? Un governo legittimo ma antidemocratico, contro militari golpisti "liberali"? Anche qui, difficile dirlo; ma la dura repressione attuata dal governo nei giorni successivi ed ancora in corso (arresti ed epurazioni non solo tra le forze armate, ma anche tra giornalisti, insegnanti ecc.; e proprio in queste ore, la concreta minaccia di ripristinare leggi anacronistiche, come quella di consentire i matrimoni che vedono coinvolte bambine!) lascia almeno dei dubbi sul fatto che, al momento, il governo al potere in Turchia sia, nonostante l'appoggio della maggioranza, "il migliore" tra quelli possibili...

Nel 1831, un aristocratico francese sopravvissuto alla Rivoluzione, Alexis de Tocqueville, scrisse - a seguito di un lungo viaggio intrapreso negli Stati Uniti per incarico del governo, un saggio sulla democrazia americana - dal titolo, appunto, "La democrazia in America" - che ebbe grande successo all'epoca, ma che oggi è purtroppo a malapena studiato in alcune delle nostre facoltà di Scienze politiche, quando avrebbe invece ancora una sorprendente vitalità; in esso, l'autore mostra di essere colpito da una forma di governo che per quei tempi era davvero unica, apprezzandone alcuni aspetti - l'uguaglianza di diritto tra i cittadini, la mobilità sociale che questa comportava, la certezza della sovranità popolare - e arrivando a giudicarne "inevitabile" l'instaurazione progressiva nella maggior parte dei paesi. Contemporaneamente, ne vede con grande lucidità limiti e pericoli, che non possiamo non scorgere - addirittura amplificati per effetto della globalizzazione, dei mezzi di informazione e delle nuove forme di comunicazione - nelle democrazie contemporanee: avvento di una società massificata e conformista, anzi "atomizzata", e instaurazione di una "dittatura della maggioranza" manovrata da chi detiene il potere ed ha la capacità di assicurarsi il consenso.

Come interpellano, queste riflessioni, la coscienza dei cattolici che vogliono vivere in pienezza il loro essere cittadini in società ormai inevitabilmente multireligiose, multietniche, multirazziali? I membri di una associazione di fedeli come l'Istituzione Teresiana, in particolare - fedeli al carisma del loro Fondatore, San Pedro Poveda, che desiderava essere un uomo "con la mente e il cuore nel momento presente" - come potranno contribuire alla costruzione di democrazie che assicurino certamente il diritto di governare a chi ha l'appoggio della maggioranza, ma anche la tutela delle minoranze, il rispetto di ogni idea e di ogni credo, e soprattutto che favoriscano la circolazione delle idee e la formazione delle coscienze di cittadini responsabili?   Noi crediamo che ci sia una enorme necessità, oggi, del lavoro duro, paziente, faticoso di chi si occupa delle diffusione della cultura a tutti i livelli, della formazione, dell'istruzione... basta navigare sui siti internet dei giornali e dei periodici e sui social, dare un'occhiata ai commenti e agli interventi del "popolo della rete", per accorgersi di quanto sia importante - per chi ne ha la capacità o la possibilità, per lavoro, status professionale, ruolo familiare - aiutare le persone ad informarsi in modo corretto e critico, per formarsi una coscienza personale critica, indagatrice, "curiosa", dialogante, rispettosa delle idee diverse, capace di andare davvero alla ricerca del "bene comune"...

Come dicevo prima, è un lavoro duro, faticoso; chi vi si dedica a volte non ne vede i frutti... Ma non crediamo ci siano alternative: spesso - ce lo insegna la storia e purtroppo anche l'attualità - i peggiori totalitarismi e le più sanguinose dittature sono andate al potere proprio sfruttando i meccanismi della democrazia, con il consenso di maggioranze conformiste, spaventate, poco coscienti, sostanzialmente "ignoranti": quelle che paventava Tocqueville, e sicuramente anche Poveda, nel suo anelito di "formare persone".

Roberto Jori