Tra dialogo e responsabilità: il confronto tra membri I.T. e amici nell'incontro estivo di Zafferana Etnea

 Imparare dialogando

"Alle radici del cristianesimo: tra dialogo e responsabilità": questo era il titolo dell'incontro organizzato dall'Istituzione Teresiana a Zafferana Etnea (CT) dal 24 al 28 agosto scorsi; la tradizionale "convivenza estiva" che costituisce da sempre un appuntamento fondamentale sia per i membri dell'associazione - che si ritrovano insieme dalle varie parti d'Italia nelle quali l'Opera è presente - sia per diversi amici e conoscenti, alcuni di vecchia data e altri più recenti, che hanno la possibilità di "toccare con mano" la modalità con cui l'Istituzione affronta le tematiche più attuali per la vita della Chiesa e del mondo, e di sperimentare il clima di accoglienza e di fraternità caratteristico dello "stile" dell'associazione.

Ed in effetti, "dialogo" e "responsabilità" sono stati i due concetti più ampiamente approfonditi e sviscerati dai tre relatori che hanno animato le tre giornate del 25, 26 e 27.

La prof. Paola Palagi - attuale Direttrice dell'Istituzione in Italia (Associazione Primaria) - ha aperto la mattina del 25 la sua relazione (dal titolo "Imparare dialogando: dalla filosofia alla vita"), partendo dall'etimologia della parola "dialogo" e dalle sue definizioni, tentando di individuare le tipologie, i livelli e i contesti del dialogo (dialogo filosofico, politico-sociale, informativo-educativo ... e dialogo come categoria centrale dell'identità cristiana, a partire dal Concilio Vaticano II). Dal concetto di "dialogo" è poi passata a trattare quello collegato di "tolleranza", introdotto sulla scena europea dopo le guerre di religione del '600-'700 da pensatori come Locke, Montesquieu, Voltaire, e giunto fino al XX secolo ad ispirare le prime "obiezioni di coscienza" contro la guerra, e poi - dopo la tragedia del II conflitto mondiale - la "Dichiarazione universale dei diritti dell'Uomo" dell'ONU (1948) e, in campo cattolico, l'enciclica "Pacem in terris" di Giovanni XXIII.

DialogoMa il secolo scorso - ha rilevato la prof. Palagi - è stato anche quello in cui i concetti di "dialogo" e di "tolleranza" sono stati messi duramente in crisi, si per il venir meno della fiducia nella "ragione" (Nietzsche), sia per l'affermarsi sempre più prepotente di fenomeni quali violenza e intolleranza. E' stato, il '900, il secolo dei grandi genocidi (Armeni, Ebrei...) sul finire del quale ha finito per essere messo in discussione - con la guerra del Golfo - perfino il paradigma della "pace necessaria" sul quale si era retto l'equilibrio creatosi dopo la guerra mondiale. In questo contesto -  ha concluso - è necessario riaffermare il dialogo come "scelta" consapevole, proponendo come modelli di un dialogo basato sulla verità, inteso come mezzo per comprendere il mondo per poterlo trasformare, personaggi come don Lorenzo Milani (molto vicino, con la sua concezione dell'educazione come mezzo per l'emancipazione e il riscatto dei soggetti più deboli ed emarginati, al pensiero del fondatore dell'Istituzione Teresiana, Pedro Poveda) e - ai giorni nostri - papa Francesco.

 si ritrovano insieme dalle varie parti d'Italia Il giorno seguente Don Sebastiano Di Benedetto (delegato della diocesi di Caltagirone per l'ecumenismo e il dialogo interreligioso) è ritornato - nella sua relazione dal titolo "Dialogo e responsabilità: dal racconto biblico alla sua attualizzazione" - sul concetto di dialogo nei termini espressi il giorno prima dalla prof. Palagi, per poi soffermarsi sulla necessità della riscoperta della "dimensione narrativa" delle religioni: la Bibbia - ha affermato - non "spiega" il divino, ma lo "racconta"; Dio viene "detto" affinché si stabilisca una relazione con Lui. In questa chiave, ha quindi proposto una lettura del "libro di Rut" (che veniva letto nelle liturgie feriali proprio in quei giorni) come una "narrazione storica" che si poneva obiettivi ben precisi, attraverso i personaggi posti in dialogo tra loro: evidenziare la possibilità che anche i non israeliti potessero diventare fedeli adoratori di del Dio di Israele (la moabita Rut); esaltare il concetto di fedeltà e la concezione del matrimonio secondo la legge del "levirato" (Deut 25, 5-10). Nella ricca condivisione che è seguita al suo intervento, Don Sebastiano ha lamentato la scarsissima conoscenza delle Scritture da parte dei cattolici, inconcepibile per i fedeli di una religione che è tipicamente la religione dell' "ascolto": tale ignoranza è tanto più grave in quanto la fede cristiana non si può imporre con la ragione, ma solo vivere, come fece Gesù stesso che "raccontò" il Regno del Padre attraverso le meraviglie da Lui compiute. Ha quindi concluso parlando dell'ecumenismo come concetto imprescindibile per la fede cristiana: il discepolo di Gesù non può non essere "ecumenico", ripensando che Gesù stesso ha pregato per l'unità dei suoi prima di essere crocifisso (Gv 17, 21: "... perché tutti siano una sola cosa").

Domenica 27 agosto il prof. Sergio Collura (docente di filosofia a Catania) ha sviluppato la sua ricchissima relazione - quasi impossibile da sintetizzare - dal titolo "Responsabili testimoni della parola: tramandare per tramandarci". Dovendo, per necessità, cercare un tema conduttore che l'ha attraversata, lo potremmo trovare nell'insistenza sulla (ri)scoperta dell'assoluta unicità di ciascun essere umano: gli uomini - ha affermato - sono "ineguali per natura", anche nel rapporto con Dio; e pretendere di rendere l'altro uguale a me vuol dire "ucciderlo".

La domanda che Dio rivolge ad Adamo dopo la disobbedienza - "Dove sei?" (Gen 3, 9) - non serve al Creatore per sapere dell'uomo qualcosa che non sa, ma per richiamarlo - e in Adamo il richiamo è rivolto ad ogni singolo uomo - alla sua responsabilità, per provocare una reazione, per renderlo capace di interrogarsi su quale sia stato il suo cammino: un cammino che da un lato non può che essere "comunitario" (nessuno può pensare di salvare solo se stesso e la propria anima), ma dall'altro deve rispettare l'unicità e irripetibilità di ciascuno ("Lascia che gli altri siano come sono; tu sii come Dio vuole che tu sia", San Pedro Poveda).

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interessanti escursioni nel territorioI pomeriggi delle tre giornate nelle quali sono state sviluppate le relazioni sono stati arricchiti da altrettante interessanti escursioni nel territorio: il primo giorno sull'Etna - dove grazie ad una preparatissima guida i partecipanti hanno potuto ammirare la Valle del Bove e il panorama dal rifugio Sapienza, e anche comprendere la struttura di quello che è il maggiore vulcano d'Europa, anzi un "sistema vulcanico", come è stato definito; il secondo giorno a Catania, per una visita del centro della città, a partire dalla Cattedrale dedicata a Sant'Agata; il terzo giorno intorno all'Etna, visitando il paese di Randazzo, e una azienda agricola produttrice dei celebri pistacchi di Bronte.

PanoramaL'ultimo giorno, il 28 agosto, prima delle partenze, i presenti hanno dedicato la mattina ad una condivisione delle risonanze delle giornate (arricchite dalla celebrazione quotidiana dell'Eucarestia, presieduta dal sacerdote carmelitano padre Diego Cassata, e dalla preghiera del mattino, animata a turno dai membri delle comunità dove l'Istituzione è presente) e dei possibili spunti per continuare la riflessione.

In un quadro di generale apprezzamento per il clima di fraternità e per la qualità delle relazioni, e di condivisione del desiderio di continuare a ritrovarsi per vivere momenti come questo,  è emersa - unanimemente condivisa - la proposta di Daniela Corinaldesi (membro I.T. che attualmente vive e lavora a Ferrara): richiamandosi alla relazione del prof. Collura (che era presente alla condivisione), ha manifestato l'esigenza di continuare a riflettere sulla domanda che Dio rivolge ad Adamo: "Dove sei?". Una riflessione che deve allargarsi dal livello personale a quello comunitario: alla domanda "dove sono? dove mi trovo?" dobbiamo far seguire, insieme ai nostri fratelli e sorelle di fede, che condividono il nostro cammino, l'altra: "Dov'è la mia comunità? Dove si trova? Dove sta andando?"... per continuare a dialogare con il mondo, sentendoci responsabili dei fratelli che incontriamo lungo il cammino.

Roberto Jori