Coraggioso e profetico
il “Documento sulla Fratellanza Umana per la pace mondiale e la convivenza comune”
segna un passo in più nel dialogo interreligioso
nello spirito del Concilio Vaticano II

Coraggioso e profetico

La firma del “Documento sulla Fratellanza Umana per la pace mondiale e la convivenza comune” il 4 febbraio scorso ad Abu Dhabi, da parte di Papa Francesco e del Grande Imam di Al-Azhar, Ahmad Muhammad al-Tayyeb, segna un evento storico, un’ulteriore tappa in questo cammino di realizzazione del messaggio profetico del Vaticano II, “un passo in più” come lo ha definito lo stesso Papa Francesco nell’udienza di mercoledì 6 febbraio, quando ha affermato: “abbiamo voluto dare un ulteriore segno, chiaro e deciso, che è possibile incontrarsi, è possibile rispettarsi e dialogare”.

Nell’intervista durante il viaggio di ritorno aveva precisato: “È un passo in avanti che viene da cinquant’anni, viene dal Concilio e deve svilupparsi.” “Il documento è stato fatto nello spirito del Vaticano II… non si è schiodato di un millimetro dal Vaticano II”.

Continua il cammino del dialogo interreligioso segnato da altri eventi profetici di Papi precedenti fra i quali possiamo ricordare: Paolo VI  che nell’ “Ecclesiam suam” scriveva che la missione della Chiesa “oggi” prende il nome di dialogo; Giovanni Paolo II che nel 1986 promuoveva la Giornata mondiale di preghiera per la pace ad Assisi e apriva la strada all’incontro di questi giorni con la visita all'imam dell'Università al-Azhar, Muhammad Sayyid Tantawi, il 24 febbraio 2000, e con la creazione di un Comitato misto per il Dialogo, (creato dal Comitato permanente di al-Azhar per il dialogo con le religioni monoteiste e il Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso) che si riunisce una volta l'anno al Cairo o a Roma il 24 febbraio.

È evidente che il documento nasce da un cammino lungo, fatto di riflessione e discernimento, ma anche di passi coraggiosi nei quali c’è bisogno che sia Dio a dare la luce, per questo Papa Francesco ha detto in questi giorni: “Questo documento nasce dalla fede in Dio che è Padre di tutti e Padre della pace e condanna ogni distruzione, ogni terrorismo… È stato preparato con grande riflessione e anche pregando. Sia da parte del Grande Imam con la sua equipe sia da me con la mia.”

Entriamo dunque nel documento per coglierne la portata e il significato profetico.

Fin dall’inizio esso si presenta come “una guida per le nuove generazioni verso la cultura del reciproco rispetto” e un invito per “tutte le persone che portano nel cuore la fede in Dio e la fede nella fratellanza umana” a unirsi e a lavorare insieme.  I firmatari dichiarano di voler “adottare la cultura del dialogo come via; la collaborazione comune come condotta; la conoscenza reciproca come metodo e criterio” offrendo così un preciso orientamento per rendere effettivo l’impegno alla costruzione della pace.

Colpisce in apertura l’affermazione del primato della fede: “La fede porta il credente a vedere nell’altro un fratello da sostenere e da amare. Dalla fede in Dio, che ha creato l’universo, le creature e tutti gli esseri umani – uguali per la Sua Misericordia –, il credente è chiamato a esprimere questa fratellanza umana, salvaguardando il creato e tutto l’universo e sostenendo ogni persona, specialmente le più bisognose e povere.”

È evidente che, a partire da ciò che accomuna, cioè dalla fede, è possibile superare le differenze delle singole religioni, senza annullarle certamente, nella ricerca di un terreno comune su cui costruire un dialogo e un impegno condiviso per “diffondere la cultura della tolleranza, della convivenza e della pace; per fermare lo spargimento di sangue innocente, e porre fine alle guerre, ai conflitti, al degrado ambientale e al declino culturale e morale che il mondo attualmente vive.”

Il documento tuttavia non si rivolge solo ai credenti, ma a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, vuole essere “un invito alla riconciliazione e alla fratellanza tra tutti i credenti, anzi tra i credenti e i non credenti, e tra tutte le persone di buona volontà”.

Al centro c’è la difesa dei poveri, dei deboli, delle vittime di ogni violenza, dando loro voce attraverso la denuncia e la condanna di ogni forma di sfruttamento, di sopruso, di oppressione: “In nome dei poveri, dei miseri, dei bisognosi e degli emarginati… In nome degli orfani, delle vedove, dei rifugiati e degli esiliati dalle loro dimore e dai loro paesi; di tutte le vittime delle guerre, delle persecuzioni e delle ingiustizie; dei deboli, di quanti vivono nella paura, dei prigionieri di guerra e dei torturati in qualsiasi parte del mondo, senza distinzione alcuna…”

Riflettendo sulla realtà contemporanea, si considera che “tra le più importanti cause della crisi del mondo moderno vi siano una coscienza umana anestetizzata e l’allontanamento dai valori religiosi, nonché il predominio dell’individualismo e delle filosofie materialistiche che divinizzano l’uomo e mettono i valori mondani e materiali al posto dei principi supremi e trascendenti.”

Inoltre, pur riconoscendo i passi positivi che la nostra civiltà moderna ha compiuto nei campi della scienza, della tecnologia, della medicina, dell’industria e del benessere, in particolare nei Paesi sviluppati, si sottolinea che, “insieme a tali progressi storici, grandi e apprezzati, si verifica un deterioramento dell’etica, che condiziona l’agire internazionale, e un indebolimento dei valori spirituali e del senso di responsabilità.”

Non manca l’accenno a “una terza guerra mondiale a pezzi”, prodotta dall’estremismo religioso e dall’intolleranza, e la denuncia di situazioni gravi di “ingiustizia e di mancanza di una distribuzione equa delle risorse naturali che provocano enormi quantità di malati, di bisognosi e di morti, fra cui milioni di bambini”, e che alimentano diversi focolai di conflitto.

Molto forte è la condanna di ogni forma di estremismo e di terrorismo in nome della religione: “Dichiariamo, fermamente, che le religioni non incitano mai alla guerra e non sollecitano sentimenti di odio, ostilità, estremismo, né invitano alla violenza o allo spargimento di sangue…  Per questo noi chiediamo a tutti di cessare di strumentalizzare le religioni per incitare all’odio, alla violenza, all’estremismo e al fanatismo cieco e di smettere di usare il nome di Dio per giustificare atti di omicidio, di esilio, di terrorismo e di oppressione. Lo chiediamo per la nostra fede comune in Dio, che non ha creato gli uomini per essere uccisi o per scontrarsi tra di loro… Dio, l’Onnipotente, non ha bisogno di essere difeso da nessuno e non vuole che il Suo nome venga usato per terrorizzare la gente…  Occorre condannare un tale terrorismo in tutte le sue forme e manifestazioni.”

Fra i valori che ci si impegna a promuovere per costruire la pace e la fratellanza umana vengono indicati: la libertà, la giustizia, il dialogo. È la parte che può risultare più concreta del documento perché si toccano aspetti non sempre scontati, o almeno non sempre vissuti in questo modo, che quindi aprono ad un possibile nuovo cammino. “La libertà è un diritto di ogni persona: ciascuno gode della libertà di credo, di pensiero, di espressione e di azione. Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani… Per questo si condanna il fatto di costringere la gente ad aderire a una certa religione o a una certa cultura, come pure di imporre uno stile di civiltà che gli altri non accettano.” “Il dialogo tra i credenti significa incontrarsi nell’enorme spazio dei valori spirituali, umani e sociali comuni, e investire ciò nella diffusione delle più alte virtù morali, sollecitate dalle religioni.”

Particolarmente interessante risulta il tema della piena cittadinanza da riconoscere a tutti eliminando il concetto di minoranza etnica o religiosa: “è necessario impegnarsi per stabilire nelle nostre società il concetto della piena cittadinanza e rinunciare all’uso discriminatorio del termine minoranze, che porta con sé i semi del sentirsi isolati e dell’inferiorità.”

Non manca un accenno ai diritti della donnaall’istruzione, al lavoro, all’esercizio dei propri diritti politici… ad essere liberata dalle pressioni storiche e sociali contrarie ai principi della propria fede e della propria dignità… per questo si devono interrompere tutte le pratiche disumane e i costumi volgari che umiliano la dignità della donna e lavorare per modificare le leggi che impediscono alle donne di godere pienamente dei propri diritti”, come pure si afferma la tutela dei diritti dei bambini e  la "condanna di qualsiasi pratica che violi la dignità dei bambini o i loro diritti.”

Prima di concludere vogliamo chiederci ancora: qual è il valore di questo documento? Che ricaduta potrà avere nella nostra società? Come fare perché non rimanga un documento per addetti ai lavori, ma possa effettivamente produrre un cambio culturale e reale?

Partiamo da una dichiarazione del Direttore ad interim della Sala Stampa della Santa Sede, Alessandro Gisotti: “Di fronte ad una umanità ferita da tante divisioni e fanatismi ideologici, il Pontefice e il Grande Imam di Al-Azhar mostrano che promuovere la cultura dell’incontro non è un’utopia.” A cui fa eco lo stesso Papa Francesco nell’udienza generale di mercoledì 6 febbraio quando afferma: “In un’epoca come la nostra, in cui è forte la tentazione di vedere in atto uno scontro tra le civiltà cristiana e quella islamica, e anche di considerare le religioni come fonti di conflitto, abbiamo voluto dare un ulteriore segno, chiaro e deciso, che invece è possibile incontrarsi, è possibile rispettarsi e dialogare, e che, pur nella diversità delle culture e delle tradizioni, il mondo cristiano e quello islamico apprezzano e tutelano valori comuni: la vita, la famiglia, il senso religioso, l’onore per gli anziani, l’educazione dei giovani, e altri ancora”.

Dimostriamo con i fatti che questo è possibile” era uno slogan molto caro a San Pietro Poveda proprio nelle situazioni più conflittive, e questo è proprio di ogni profeta, che parla con i fatti, con l’eloquenza dei gesti, oltre che delle parole, e per noi è un motivo in più per sentirci interpellati da questo evento.

Ed è lo stesso Papa Francesco, nel suo discorso al Founder’s Memorial di Abu Dhabi, ad indicare due modi concreti per rendere effettivo il cammino della pace, le due ali della colomba della pace le chiama lui, e sono l’educazione e la giustizia.

In conclusione, dunque, affermiamo che solo se ci sarà un impegno concreto su questi due fronti il documento potrà avere una ricaduta costruttiva.

Promuovendo l’impegno per la giustizia: “Le religioni siano voce degli ultimi, che non sono statistiche ma fratelli, e stiano dalla parte dei poveri; veglino come sentinelle di fraternità nella notte dei conflitti, siano richiami vigili perché l’umanità non chiuda gli occhi di fronte alle ingiustizie e non si rassegni mai ai troppi drammi del mondo.” (Papa Francesco, Discorso al Founder’s Memorial)

Promuovendo una cultura della pace e del dialogo, impegnandosi perché “il Documento divenga oggetto di ricerca e di riflessione in tutte le scuole, nelle università e negli istituti di educazione e di formazione, al fine di contribuire a creare nuove generazioni che portino il bene e la pace e difendano ovunque il diritto degli oppressi e degli ultimi”, come si chiede alla fine dello stesso documento.

E Papa Francesco lo ribadisce nel Discorso al Founder’s Memorial: “È importante per l’avvenire formare identità aperte, capaci di vincere la tentazione di ripiegarsi su di sé e irrigidirsi. Investire sulla cultura favorisce una decrescita dell’odio e una crescita della civiltà e della prosperità.”

È chiaro che non è un cammino facile, soprattutto perché tutto nel mondo di oggi sembra andare in senso contrario, ma è l’unico da percorrere per aprire sentieri di pace nel mondo.


Daniela Corinaldesi