I giovani e l’ambiente: un “segno dei tempi”, una speranza per il futuro

 

 “Chi fa la rivoluzione? Chi l’ha fatta in Spagna? Gli studenti, i giovani. Essi la prepararono e la portarono avanti. Chi sono quelli che reagiscono? I giovani. Chi sono i più coraggiosi, intrepidi, temerari e azzardati? I giovani. Chi sono quelli che hanno ideali, che si dimenticano di se stessi, che accendono il fuoco? I giovani […] Ora mi chiedete che cosa potete fare. Voi potete conquistare il mondo, né più né meno”.

Queste parole di San Pedro Poveda, scritte dal fondatore dell’istituzione Teresiana in occasione di una conferenza da lui tenuta nel 1933 (alla vigilia della guerra civile spagnola in cui avrebbe trovato la morte come martire), si sono certamente affacciate al cuore e alla mente di tutti i membri dell’Istituzione quando, poco più di un mese fa (il 15 marzo), 1769 piazze di 122 paesi del mondo (ben 208 in Italia!) si sono riempite di giovani che hanno manifestato per chiedere a gran voce ai governi misure più incisive e concrete per la difesa dell’ambiente, sempre più degradato per via dell’inquinamento e del riscaldamento globale.

Un movimento, come è noto, denominato “Fridays For Future”, in quanto nato sulla spinta dell’iniziativa individuale della giovane Greta Thunberg, una ragazzina svedese ora poco più che sedicenne che dallo scorso autunno, ogni venerdì, si reca davanti al Parlamento di Stoccolma per ricordare ai politici del suo paese – e attraverso loro a quelli di tutto il mondo – che il pianeta è ormai gravemente minacciato dall’incuria per l’ambiente; che le principali vittime di questa incuria sono i bambini di oggi, che saranno adulti e anziani quando le conseguenze delle nefaste politiche odierne avranno prodotto danni irreparabili; che le misure finora adottate per contrastare il degrado – a partire dai famosi “accordi di Parigi” del 2015 – o sono insufficienti o non sono state applicate con il dovuto rigore.

Già alla COP 24 (Conferenza delle Parti sul clima) tenutasi a Katowice, in Polonia, a dicembre dello scorso anno, Greta – allora non ancora sedicenne! – tenne ai delegati di 196 paesi del mondo un duro e profetico discorso, accusandoli di “rubare il futuro” ai loro figli pur sostenendo di “amarli sopra ogni cosa”, di “non essere abbastanza maturi” per trovare le soluzioni adeguate al problema, lasciando ai bambini l’impossibile compito di risolverlo, e sottolineando l’aspetto socio-politico del problema: ossia che l’attuale assetto, portatore di danni irreparabili all’ecosistema, serve in realtà a mantenere nel lusso una minoranza della popolazione mondiale, ai danni della stragrande maggioranza che vive in condizioni di povertà spesso estrema.

L’esempio di Greta ha evidentemente contagiato a poco a poco i giovani di tutto il mondo, che sono arrivati appunto a dare vita ad un vero e proprio movimento, indipendente da ogni partito politico, volto a rivendicare il diritto a vivere da adulti in un mondo ancora “vivibile” e per questo più giusto ed umano, dove siano rimosse sia le cause del degrado che quelle che generano ingiustizia, disuguaglianza, povertà; queste ultime, evidentemente, legate alle prime ed anzi generatrici delle stesse.

Certo, si tratta di un movimento che necessita di chiarezza e, per così dire, di “purificazione”; certo, è necessario che i ragazzi che sono scesi in piazza il 15 marzo acquisiscano davvero una piena consapevolezza del problema, e si dimostrino capaci di scelte coerenti e conseguenti, anche se difficili. Però sembra arduo negare che questo movimento suscita speranza, non solo per la rilevanza del tema in sé (quello dell’ambiente o, per dirla con papa Francesco, della “cura della casa comune”), ma anche perché, dopo tanti discorsi, dibattiti, analisi sulla gioventù disimpegnata, priva di ideali ecc., sarebbe davvero incredibile minimizzare, o addirittura delegittimare, contrastare, ridicolizzare giovani che dimostrano di volersi battere per una questione della quale è difficile negare la rilevanza e l’urgenza, se solo si guarda ai sempre più frequenti e disastrosi fenomeni “naturali” che non sono in realtà che conseguenze delle devastazioni apportate dall’uomo al pianeta dove abita.

Giova forse ricordare come la battaglia portata avanti da Greta e dal movimento giovanile che a lei si richiama, così come – ovviamente, e non dovremmo dimenticarlo – da tanti gruppi, associazioni e movimenti “ecologisti” che da anni lottano per portare questi temi all’attenzione dell’opinione pubblica e dei responsabili delle nazioni, sia pienamente in sintonia con il pensiero della Chiesa e del suo Pastore, che nel 2015 volle dedicare addirittura una enciclica – la “Laudato si’” – alla custodia del creato e alla “cura della casa comune” (come recita il sottotitolo, e come poco fa abbiamo ricordato). Vale la pena ricordarne qui alcuni passi particolarmente significativi, che non possono non suscitare inquietudine ma anche commozione e speranza, sforzandosi di guardare con occhio benevolo – come meritano – i giovani che oggi riempiono le piazze:

“La sfida urgente di proteggere la nostra casa comune comprende la preoccupazione di unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale, poiché sappiamo che le cose possono cambiare. […] L’umanità ha ancora la capacità di collaborare per costruire la nostra casa comune. […] Meritano una gratitudine speciale quanti lottano con vigore per risolvere le drammatiche conseguenze del degrado ambientale nella vita dei più poveri del mondo. I giovani esigono da noi un cambiamento. Essi si domandano com’è possibile che si pretenda di costruire un futuro migliore senza pensare alla crisi ambientale e alle sofferenze degli esclusi” (n. 13)

“Un antropocentrismo deviato dà luogo a uno stile di vita deviato. […] Quando l’essere umano pone sé stesso al centro, finisce per dare priorità assoluta ai suoi interessi contingenti, e tutto il resto diventa relativo. Perciò non dovrebbe meravigliare il fatto che, insieme all’onnipresenza del paradigma tecnocratico e all’adorazione del potere umano senza limiti, si sviluppi nei soggetti questo relativismo, in cui tutto diventa irrilevante se non serve ai propri interessi immediati. Vi è in questo una logica che permette di comprendere come si alimentino a vicenda diversi atteggiamenti che provocano al tempo stesso il degrado ambientale e il degrado sociale” (n. 122)

Si comprende bene, rileggendo queste parole e l’intero documento, perché il Papa abbia invitato caldamente Greta ad andare avanti nella sua battaglia, incontrandola in Piazza San Pietro al termine dell’udienza del Mercoledì Santo, durante la visita che la giovane svedese sta effettuando in Italia proprio mentre scriviamo queste righe. E certamente Greta non ha alcuna intenzione di fermarsi, come ha dimostrato il giorno successivo, incontrando in Senato i politici italiani ai quali ha detto, senza mezzi termini, che “non si può risolvere una crisi senza trattarla come tale”, e lanciando, ancora una volta, senza timore una pesante, significativa accusa: “Voi potenti non ci ascoltate, e a noi giovani date false speranze…”

Intanto, un nuovo “Friday For Future” si sta tenendo a Roma, nel corso della visita di Greta, nel giorno di Venerdì santo…  Se noi adulti fossimo capaci – come ci esorta il papa nel recente documento “Christus vivit”, dedicato appunto ai giovani al termine del Sinodo – di smettere di “fare una lista di disastri, di difetti della gioventù del nostro tempo” (n. 66), per guardare invece al cuore di ogni giovane come “terra sacra”, portatore di semi di vita divina… davanti al quale dobbiamo “toglierci i sandali” (n. 67), riusciremmo forse, una volta tanto, a gioire, a sorprenderci e a commuoverci, per la loro capacità di “conquistare il mondo… né più né meno”.

 

Roberto Jori