ELISA GIAMBELLUCA: UNO STILE DI PRESENZA NELLA STORIA
Buona sera a tutti e tutte!
La mia riflessione sulla figura di Elisa Giambelluca questa sera unisce in sé i toni della testimonianza e della rilettura che ho fatto a partire non solo da quello che io ho conosciuto di lei, ma anche dai suoi diari e da quello che altri hanno detto di lei. Tutto questo sta ampliando e arricchendo la mia visione e mi restituisce una immagine di Elisa che mi risulta sempre più significativa, soprattutto inquadrandola nella storia del laicato cristiano in Italia e del ruolo che esso ha avuto e continua ad avere nella società italiana.
È per questo che ho scelto di partire per questa mia riflessione dalle sue stesse parole “Cammino nella storia…” “…mi sento parte viva della storia”, scritte nel suo diario nell’agosto del 1983.
Mi piace pensare Elisa in quella schiera numerosissima di laici cristiani che hanno inciso nella società italiana contribuendo a mantenere vivi in essa i valori di libertà, democrazia, solidarietà, pluralità, in sintonia con il Vangelo, con responsabilità e autonomia rispetto alla gerarchia ecclesiastica, come è proprio del laico chiamato ad animare dal di dentro le realtà del mondo in cui è implicato.
Vorrei ricordare in questo momento, solo a mo’ di esempio, alcune di queste figure, che attraversano tutto il secolo appena trascorso ed anche alcune più recenti, per affermare che il vissuto di una sana laicità cristiana è molto radicato nella cultura del nostro paese ed ha contribuito a generarla e siamo convinti che può continuare a farlo. Ho in mente quei cristiani laici che hanno collaborato nella lotta per la libertà durante la Seconda Guerra Mondiale e nel dare una Costituzione democratica al nostro paese, come Giuseppe Lazzati, Giuseppe Dossetti, Giorgio La Pira, Alcide De Gasperi, Aldo Moro, Tina Anselmi. Il loro modo di concepire il ruolo del laico cristiano nella società anticipa quanto verrà qualche anno dopo affermato nel Concilio Vaticano Secondo e determina un patrimonio culturale destinato a incidere nella nostra realtà. Esula dal nostro tema ricordare altre figure significative, ma non voglio tralasciare di nominare due testimoni laici dei nostri giorni a confermare che questo modo di vivere e incarnare la fede è tuttora vivo e presente nel nostro contesto. Il primo è il giudice Rosario Livatino, proclamato pochi giorni fa beato e martire, ucciso dalla mafia nel 1990 per il suo impegno contro le cosche mafiose, delitto riconducibile all’odio alla fede che lo ispirava in tutto il suo agire. L’altra persona che vorrei ricordare è quella dell’ambasciatore italiano Luca Attanasio, che pure dalla sua fede traeva ispirazione nello svolgere la sua professione a vantaggio dei più poveri e che, proprio per questo, ha dato la vita alcuni mesi fa.
Dietro queste vite c’è una solida formazione cristiana in associazioni cattoliche, l’Azione Cattolica innanzitutto, o nel volontariato, a testimoniare che un impegno significativo nella società non si improvvisa, ma ha radici profonde.
È da questa premessa che voglio partire per presentare il percorso che fa Elisa Giambelluca per essere quella parte viva della storia che dice di sentirsi ad un certo punto della sua vita.
Svilupperò questa riflessione in cinque tappe servendomi appunto della metafora del cammino nella storia e delle sfumature diverse che questo cammino assume nei diversi periodi della sua vita.
La prima tappa si intitola: Le sette stelle dell’Orsa Maggiore. Imparare a orientarsi e ad orientare
Prima di iniziare un cammino occorre imparare a orientarsi per sapere trovare la strada. Ebbene all’inizio del percorso di Elisa, nel periodo della sua formazione, brilla la costellazione dell’Orsa Maggiore.
Fu monsignore Giuseppe Di Martino a denominare Elisa e le sue compagne di studio presso il Collegio di Maria di Cefalù, “le sette stelle dell’Orsa Maggiore”; una di loro è qui oggi e ci darà la sua testimonianza. Era un modo per indicare a quelle alunne speciali, un orizzonte vocazionale: le sette stelle dell’Orsa Maggiore sono fondamentali ai naviganti per trovare la Stella Polare e quindi la propria strada senza perdersi. Monsignor Giuseppe Di Martino, teologo e scienziato, direttore dell’Osservatorio astronomica di Gibilmanna era, in quegli anni, assistente della Gioventù Femminile di Azione Cattolica nella diocesi di Cefalù, oltre che insegnante di religione nella scuola che Elisa frequentava. Elisa che, fin da bambina, aveva aderito all’Azione Cattolica, assumendo anche ruoli di delegata e presidente dell’associazione, incontrò in lui un valido maestro e guida spirituale, un uomo “santo e dotto”, come direbbe s. Teresa d’Avila. Mentre le accompagnava in una profonda e solida vita spirituale, le apriva al dialogo fede/scienza e con il mondo. Ne è prova il mezzo che aveva creato perché le sette ragazze si mantenessero in contatto durante le vacanze estive, faceva circolare fra di loro un giornalino su cui, alle sue riflessioni spirituali, aggiungevano le loro esperienze. I titoli di questi giornalini? “L’elicottero”, “Il razzo interplanetario”, “Telestar”, praticamente un’anticipazione delle nostre email.
Data questa premessa, non ci fa meraviglia che Elisa, trasferitasi a Palermo per frequentare l’Università, trovasse un ambiente a lei congeniale in quella Casa dell’Universitaria gestita dall’Istituzione Teresiana, dove i suoi genitori le avevano trovato alloggio. Le proposte formative erano varie e interessanti, culturali, spirituali, ricreative ed anche attività in quartieri disagiati di Palermo. Elisa si dedica intensamente allo studio per preparare gli esami, sempre molto impegnativi nella facoltà di matematica e fisica che lei frequenta, ma è anche disponibile a partecipare alle attività proposte. La scoperta del carisma di Pedro Poveda, l’ideale di una vita “pienamente umana e tutta di Dio”, di una missione nel mondo senza essere del mondo, deve averla attratta subito, ma è una visita con le universitarie alla Madonna di Gibilmanna che lei ricorda come il momento del suo sì; il 13 maggio 1964 chiede di far parte dell’Istituzione Teresiana. Il 7 luglio 1965 consegue la Laurea in Matematica e Fisica presso l’Università di Palermo.
La seconda tappa descrive l’inizio del suo cammino nella storia che le si presenta come:
Un cammino tortuoso, che le farà dire “Mi pare che il Signore giochi un po’ con me”.
Quella che stiamo per considerare è una tappa importante di questo cammino; normalmente il conseguimento di un titolo di studio e l’inserimento nel mondo del lavoro segna in modo significativo il cammino di una storia… ma quello di Elisa è un percorso alquanto tortuoso, almeno all’inizio della sua carriera professionale, proprio perché non è concepito come una carriera, ma un servizio, in piena disponibilità alle necessità della missione dell’Istituzione Teresiana. Questo determinerà una situazione che possiamo definire di nomadismo in campo professionale che la porterà a migrare, dopo tre anni di insegnamento al Magistrale di Rossano, gestito dall’Istituzione Teresiana, attraverso diverse esperienze in scuole statali o private, fra Torino e Roma. Per almeno due volte si trova a rifiutare l’incarico nella scuola statale per rendersi disponibile a nuovi progetti di missione che le vengono proposti.
La rinuncia ad incarichi a tempo indeterminato significava rinuncia al ruolo nella scuola statale, alla prospettiva di un servizio continuativo in un determinato contesto. Le sue riflessioni al riguardo sono illuminanti; scrive il 7 ottobre 1972, dopo aver rifiutato ancora un incarico a tempo indeterminato in un liceo di Roma per poter frequentare l’anno di formazione teresiana a Poggio Mirteto: “Ho rinunziato al ruolo liberamente, con gioia, perché prima di essere insegnante sono teresiana.”
Alcuni mesi dopo le si apre la possibilità di entrare di nuovo nella Scuola Statale; così commenta la notizia: “Altro regalo del Signore: la prospettiva di una immissione nei ruoli per il Superiore… Mi pare che il Signore giochi un po’ con me. Mi offre qualcosa, me la fa vedere, quando è in mio possesso la rivuole, ritorna a darmi i suoi regali. Così sia, se ti fa piacere…”
Di fatto il Signore sta veramente giocando con lei, ma anche sta prendendo sul serio il suo “Così sia, se ti fa piacere.” Sta giocando come giocano gli innamorati per provare l’autenticità dell’amore, come il cervo che si nasconde e si fa cercare nel cantico di S. Giovanni della Croce. Ed Elisa si interroga, in quei momenti in cui sta assumendo l’impegno definitivo nell’Istituzione Teresiana, sull’autenticità di quelle parole che sta per dire: “Prendi Signore tutta la mia libertà…” “Ho perseverato fedele alle mie promesse”. Elisa vuole essere vera, e fedele alle sue promesse, per questo si affida a Maria. E il Signore non tarderà a continuare il suo gioco.
Solo due settimane dopo scrive: “Nuova proposta di lavoro, mi è piovuta come fulmine a ciel sereno… l’unica cosa che posso dire è che sono disposta e con gioia, nonostante sia una grossa Croce… Madre mia che hai detto sempre sì, aiutami.” Ancora una volta le viene chiesto di lasciare la possibilità di immissione in ruolo per assumere la direzione dell’Istituto “S. Pio X” di Rossano dove l’IT intende avviare un progetto innovativo. “La questione di Rossano mi ha lasciato perfettamente serena e fiduciosa con un grande desiderio di lavorare per nostro Signore e per l’Istituzione. Che vale lavorare in una scuola statale o privata? L’unico a valere è Nostro Signore…” (28 giugno)
Ciò che la guida in questo cammino, in cui sempre le si aprono prospettive inaspettate, è la stella della vocazione, che la conduce all’Unico che non viene mai meno.
Mi piace terminare questa parte con un commento del Vescovo di Trapani, mons. Pietro Maria Fragnelli, in un incontro su Elisa di tre anni fa: “Questa frase di Elisa, mi pare che il Signore giochi un po’ con me… può essere anche una metafora della sua vita spirituale. Il Signore gioca con noi, ma gioca perché vuole essere l’assoluto di ogni nostra storia e non accetta che noi ci appropriamo dei suoi doni come di una sicurezza che dobbiamo possedere per sempre, perché quello che deve interessarci è possedere Lui non le cose che Lui vuole darci.”
La terza tappa descrive il periodo di maggiore stabilità nel cammino di Elisa, i dieci anni che trascorre a Rossano come preside dell’Istituto S. Pio X; ancora una frase di Elisa ci illumina su questo periodo “Essere protagonista della storia… non mi interessa!” e su uno stile di leadership che lei impersona.
Nel settembre 1973 Elisa si trasferisce a Rossano per assumere la presidenza dell’Istituto Magistrale “S. Pio X” in un momento di grande fermento: si sta presentando al Ministero della Pubblica Istruzione un Progetto di Sperimentazione per un rinnovamento della scuola sia a livello strutturale che didattico metodologico. Il Ministero della Pubblica Istruzione già dal 1970 aveva invitato i collegi docenti che lo volessero a introdurre iniziative volte a sperimentare possibili riforme della scuola secondaria superiore. D’altra parte, l’Assemblea Generale dell’IT del 1970 aveva affermato la volontà di partecipare al movimento di rinnovamento pedagogico, intensificando l’attività dell’Istituto di Studi Pedagogici Somosaguas e auspicando la creazione di altri centri sperimentali in altre nazioni. Si trattava di leggere i segni dei tempi e la scelta di Rossano rappresentava un’offerta formativa importante e innovativa per la città.
Ma non è questo il momento di entrare nei particolari riguardo a questo tema, di cui altre volte ho parlato a lungo, piuttosto vorrei rispondere alla domanda che mi sono posta più volte, da quando mi hanno chiesto di parlare di Elisa, cioè qual è stato il suo contributo specifico nell’accompagnare e dirigere quella esperienza.
Leggere nel suo diario, a proposito di camminare nella storia, “Essere protagonista della storia… non mi interessa!”, mi ha dato la chiave di lettura di quanto avevo percepito e definito come “uno stile di presenza”.
Oggi lo definirei uno stile di leadership (liderazgo) e mi piace identificarne e delinearne le caratteristiche.
La prima caratteristica è camminare nella verità: Elisa era vera, autentica, trasparente, sincera, con sé stessa, con gli altri, con Dio, sempre. E, dato che per S. Teresa d’Avila l’umiltà si identifica con camminare nella verità, era anche umile, riconoscente per i doni ricevuti e per quegli degli altri, mai desiderosa di mettersi al centro, ma impegnata a che ciascuno avesse il proprio posto e potesse esprimere il meglio di sé.
- Un’altra sua caratteristica è promuovere e far crescere: trasmetto a questo proposito due testimonianze scritte pochi giorni fa, su Facebook, da due alunne di quei tempi. Dice Anna Maria: “La mia Preside e prof di matematica, Elisa, non è stata solo questo. Elisa è stata una "Formatrice" Lei ha forgiato il nostro essere "Donne" e "Uomini". Lei non era sola, al suo fianco c'era Giulia Urruzola, un'altra grande educatrice che ha lasciato in noi il suo marchio… e non solo. Se sono quella che sono è anche grazie a loro, e a tutti i docenti che hanno formato generazioni intere. La nostra è stata una scuola di VITA. Grazie Elisa: una Grande Dirigente scolastica!”
E Pina aggiunge; “Dolcissima, preparata, passionale, meravigliosa... a lei devo se ho cominciato ad amare la matematica che altre mi avevano fatto odiare. A lei debbo i miei valori e il mio modo di insegnare... ha lasciato in me un segno indelebile e ciò che mi ha dato a livello umano e culturale l’ho speso a favore di altri...”
- Una terza caratteristica, contribuire a creare l’armonia fra le diversità: allora avevamo come obiettivo la comunità educante, come ambiente necessario per la crescita della persona dell’alunno/a. Parte essenziale di questa erano alunni, genitori, insegnanti, tutti erano sollecitati a dare il loro contributo, nessuno si sentiva in soggezione con la “Giambelluca”, tutti ricevevano ascolto e attenzione, come se fossero gli unici… Libertà e partecipazione, parole chiave all’epoca, caratterizzavano, grazie a lei, le relazioni all’interno di quella comunità educante. I giovani docenti si forgiavano nella pratica educativa, insieme agli studenti, costruendo un ambiente in cui si comunicava in libertà e verità, si cresceva in responsabilità mettendo in comune i propri doni, affrontando insieme i problemi, dando iniziative, cercando insieme soluzioni… e soprattutto lasciando che ognuno fosse sé stesso.
- Un’altra caratteristica, contagiare motivazioni profonde per cui vale la pena spendere la vita, fra queste l’attenzione verso i più poveri e l’impegno socioeducativo. Dice M. Teresa, docente in quel periodo: “La Giambelluca, come la chiamavamo, era per tutti noi l’esempio del laico impegnato che infondeva il lievito del Vangelo nelle aule scolastiche e soprattutto in noi docenti, anche di estrazioni culturali diverse. La sua fede avvinceva, la sua audacia e il suo ardore attiravano tutti noi. Una cosa è certa, cara Elisa, il tuo insegnamento, la tua testimonianza, il tuo coraggio, la tua fede, il tuo credere nella funzione della scuola come comunità educativa, sono valori che i tuoi docenti hanno ereditato e testimoniato nelle altre scuole, dove hanno continuato il loro percorso didattico educativo”.
- Infine: rendere visibile l’Invisibile: Dice Rosetta, segretaria della scuola all’epoca: “I suoi occhi rispecchiavano la sua interiorità” e Angela, una ex alunna, afferma: “Quando ti ascoltava, faceva il deserto intorno a sé, durante la comunicazione lei vedeva e sentiva solo me senza farsi distrarre dal mondo e adesso ne capisco il perché: Elisa scopriva in ogni interlocutore una particella di Dio!... In quei momenti avveniva quasi una trasfigurazione: lei ti offriva tutto il suo essere, donna, insegnante, preside, sorella e madre.”
“Eppure ti cerco”. Nel buio totale, esigenze di fecondità vera. È il titolo che ho dato alla 4° tappa di questo cammino.
Quando l’esperienza di Rossano sembra già dare dei frutti positivi, cominciano ad apparire le prime difficoltà: problemi economici per coprire i costi della Scuola che non ha sovvenzioni dallo Stato, mancanza di un gruppo stabile di docenti… La prima classe dello Sperimentale non ha ancora completato il ciclo di 5 anni che già si vede la necessità, da parte dei responsabili dell’Istituzione Teresiana, di interrompere quella esperienza e si incomincia a dialogare con la Diocesi per una diversa gestione della Scuola. La testimonianza del Vescovo mons. Sprovieri che fu quello che gestì questo momento così difficile, ci fa entrare nell’animo di Elisa. Scrive mons. Sprovieri in una lettera all’IT per il funerale di Elisa: “Grazie a te, carissima Elisa, se il ritorno al corso normale dopo il fervore della Sperimentazione, che pareva un raccogliere i remi in barca per lasciarsi trascinare dalla corrente, non ti ha sfiduciata, ma ti rendeva capace d’insospettata grinta per cercare di risollevare la traiettoria e ricondurla all’alveo prestigioso di scuola cattolica viva e vivace. Grazie per la tua intelligenza chiara che, mettendo a nudo le radici del male, consentì interventi appropriati e rimedi efficaci! Grazie per la tua fedeltà generosa, che ti ha conservata ferma al tuo posto finché non vi hai consumato gli ultimi spiccioli delle tue energie anche fisiche!”
Il Diario di Elisa, nei pochi frammenti che si riferiscono a quel periodo, ci svela il suo cammino interiore… Lo stesso Signore che “giocava” con lei, ora si nasconde e insieme le apre nuovi orizzonti.
Scrive nell’aprile 1978: “Sto affogando. Non capisco niente. E ho bisogno di tutto. Consigli, letture, tutto mi sembra privo di senso. La Parola di Dio non mi dice niente. Brancolo alla ricerca di una luce. Unica voglia: urlare… Eppure ti cerco. Lasciati trovare.” E ancora qualche mese dopo: “Adesso non so contemplare niente, Eppure ti cerco, Signore!” Nel buio fa capolino la paura: “Paura di che? – scrive nell’agosto 1979 – Di un ribaltamento della vita per cui può crollare ogni mia sicurezza attuale. Ma attrazione verso l’unica sicurezza.”
Aveva scritto da Assisi un anno prima: “La tua logica in questo momento non la comprendo, eppure sempre più ne vengo attratta… In Basilica capisco… che questa logica è capita solo dai piccoli.”
Questa logica nuova sta facendo breccia in lei da molto tempo, come un orizzonte di generatività. “Mi martella la frase: Se il chicco non muore non porta frutto. Morire, vorrei capirlo in tutta la sua completezza. L’unica cosa che cambia il mondo non è la violenza, non sono i flagelli, ma è la morte e la Risurrezione del Cristo.” (Luglio 1976) “Esigenze di fecondità vera: generare negli altri Cristo, sapendo che Lui fa tutto. Generarlo con una vera cordialità e semplicità.” (gennaio 1977)
Nell’estate 1983, lascia Rossano e si trasferisce a Vescovio; dopo pochi giorni scrive: “L’esperienza di Rossano. Le gioie e le sofferenze vissute lì le ho depositate ai piedi di Maria perché sia Lei a fecondarle.” (sett. 1983)
L’ultima parte caratterizzata dalla malattia apre a nuovi orizzonti, Elisa rivela “Fa tutto lui… eppure mi sento parte viva della storia” e ancora “ho chiesto di saper andare decisamente verso Gerusalemme”
L’estate 1983 segna la fine di una tappa intensa e l’inizio di una nuova; è l’occasione per Elisa per fare il punto della sua vita probabilmente in giornate di esercizi spirituali.
“In questi giorni sono andata alla ricerca della mia identità… oggi ho avuto la consapevolezza che non è essere, (identificarmi in) questo o quel personaggio (della S. Scrittura) che conta. È Lui che è. Mi sono sentita spogliata di tutto. Gli ho ridato tutto… Il Signore è buono e grande nell’amore. Fa tutto Lui. Io mi sento solo accoglienza. E tutto è suo dono. Grazie! … Tutto è capovolto. È entrato e sta e la vita è diversa. Do senza propormi di dare. Sono materna senza propormi di essere madre. È Lui che fa tutto. Grazie.” (luglio 1983)
È di questi giorni anche la sua espressione “cammino nella storia” che fa da filo conduttore di questa mia lettura del profilo di Elisa: “Sono in pace. Cammino nella storia, vedo la storia, la mia storia, con occhi nuovi. La sua misericordia è tutto.” (agosto 1983)
Nei giorni successivi è a Isnello, dopo i giorni di ritiro sente l’impatto con la realtà - “Molto traffico. Nonostante ciò, molta serenità dentro” – e continua la sua riflessione: “È Lui che rovescia e innalza, umilia e innalza. Il mio contributo alla storia oggi: vivere questa certezza. Può essere questo disimpegno? Non mi pare. Tutti i conflitti che avevo per fare, a scuola, in parrocchia, con gli amici, sono scomparsi. Eppure mi sento parte viva della storia.”
Quello che segue, attraverso la sofferenza e la malattia, è ormai un camminare con Lui decisamente verso Gerusalemme, con cui si chiude il suo diario:
“Ho chiesto al Signore di saper camminare con Lui decisamente verso Gerusalemme. Cammino faticoso… Abbandono nel Padre.”
Ancora oggi questa piccola grande stella dell’Orsa Maggiore ci sta indicando la strada e nuovi orizzonti…
Daniela Corinaldesi